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MV Agusta Dragster 800 RR: il diavolo è nei dettagli

LA PROVA - Esclusiva nel design e nelle prestazioni, ma per tutti nella guida: la Dragster perde la sua ruvidezza e guadagna in piacere di guida

Moto - Test: MV Agusta Dragster 800 RR: il diavolo è nei dettagli

Le moto presentate nei cataloghi o nelle cartelle stampa sono tutte belle, veloci e migliori del modello precedente. I tecnici sciorinano dati, raccontano di test e dei risultati ottenuti con orgoglio paterno. Tutto è molto convincente, ma poi è la strada l’unica a dare il giudizio definitivo.

Appoggiata al cavalletto, la MV Dragster 800 RR è senza dubbio bella, a prescindere dai gusti personali. Riesce a esserlo perché è particolare, diversa da ogni concorrente e non c’è bisogno di sbirciare il marchio sul serbatoio per capire dove sia stata costruita.

Assomiglia a un toro, con le schiena del serbatoio muscolosa, le corna dei semimanubri da stringere, l’occhio liquido del fanale che scende verso la ruota. Il meglio, però, deve ancora arrivare. La coda del posteriore è corta, la sella sembra sospesa nel vuoto e il fanale sembra preso da un film di fantascienza, mentre le pedane dell'eventuale passeggero (che deve avere qualche dote di fachiro) scompaiono nella linea della moto quando ripiegate. Poi ci sono i tre scarichi sovrapposti, che non coprono la ruota a raggi sostenuto da un forcellone monobraccio.

L’occhio è pienamente soddisfatto, si può partire. In sella la ruota anteriore scompare sotto il naso mentre i polsi si appoggiano sui semimanubri completamente regolabili, sotto di loro spunta l’ammortizzatore di sterzo integrato nel cannotto. Braccia e gambe prendono una posizione sportiva, caricata sull’avantreno, ma non scomoda o estrema.

Bella e possibile

È venuto il momento di stringere la leva della frizione (non troppo dura) e mettere la prima. Il 3 cilindri di 798 cc non ha perso nemmeno un cavallo nel passaggio alla Euro 4, ne ha 140 a 12.300 giri mentre la coppia è di 87 Nm a 10.100 giri. Se si uniscono questi numeri a un peso a secco di 168 Kg, alla prima esplosione di gas si potrebbe pensare di innescare una bomba.

Brian Gillen, il direttore tecnico di MV, ci aveva garantito “un cambio di mentalità” in azienda. Non più moto estreme, ma moto veloci che si fanno guidare da tutti. È stato sincero, perché la Dragster non spaventa neppure il neofita.

Il motore frulla a regimi da passeggiata post-digestione senza incertezze, quando si apre il gas è fluido e pronto ma senza mettere in imbarazzo. Abbiamo trotterellato in 6ª marcia a circa 2.000 giri e il 3 cilindri ci ha assecondato. In questo ambito anche il cambio fa la sua parte: il quick shift (anche in scalata) funziona a qualsiasi (ripetiamo, qualsiasi) regime e la leva ha un innesto morbido, anche se una corsa non cortissima.

Al resto ci pensa l’elettronica, anche questa migliorata. Tre mappe pre-impostate (normale, sport e rain, i cui nomi dicono tutto) e una personalizzabile a piacere. Potete giocare come meglio credete con la risposta dell’acceleratore, il limitatore di giri, la sensibilità del comando del gas, il freno motore e, naturalmente, il freno motore. L’unico peccato è doverlo fare guardando un (ormai) datato cruscotto lcd che stona con l’esclusività della Dragster.

DNA da corsa, anima stradale

Torniamo in sella e usciamo da traffico puntando alle curve. La MV è nel suo territorio ideale, il motore prende giri e rivela il suo carattere con una escalation di spinta e musica. Dobbiamo riaprire una parentesi, Gillen ci aveva detto che avevano lavorato per ottenere un vero e proprio ‘sound’, isolando i rumori molesti (perfino quello causato dalle molle della forcella) ed esaltare quelli, per così dire, piacevoli. Anche in questo caso è andato tutto nel verso giusto e il ‘sound’ della Dragster è coinvolgente.

Dicevamo, i giri salgono, i 140 CV si sentono e la ciclistica fa la sua parte. La MV è agile ma anche stabile sul veloce, le sospensioni (forcella completamente in alluminio Marzocchi e ammortizzatore Sachs) leggono l’asfalto con precisione millimetrica. Se la superficie è liscia è un vero godimento, quando si fa sconnessa si deve fare i conti con un’inevitabile rigidezza s’insieme (ma anche qui potete sbizzarrirvi con le regolazioni).

Curva dopo curva il piacere di guida aumenta e, ancora una volta, la Dragster non intimorisce. L’elettronica è a punto, la ciclistica chiude un occhio sugli errori, il motore è pronto a tirare fuori dagli impicci anche quando si è con una marcia più lunga del dovuto. Fino ai 6.000 giri si avverte una morbida spinta, poi si scatena. Il cambio asseconda la guida e la ‘doppietta’ in scalata è sempre piacevole da sentire. I freni (Brembo) hanno potenza da vendere, ma anche buona modulabilità

La Dragster accetta tutti i ritmi, ma per fare sul serio serve esperienza. Non è una moto nervosa o poco comunicativa, ma i suoi limiti sono talmente elevati che intuirli non è cosa per tutti. Poco male, perché potrete conoscere questa MV passo dopo passo, potendovela godere a qualsiasi andatura.

Facile togliersi il casco e rivelare un sorriso una volta fermi, ma anche avvertire un certo dolore al… fondoschiena. La sella è un gran pezzo di design, ma la sua consistenza ricorda quella del marmo.

Ultima nota, il prezzo: si parte da 19.140 euro per la versione (si fa per dire) base, si sale oltre ai 20 per le speciali America e Pirelli e si passano i 22 per la Reparto Corse, con un kit che la porta a 150 CV di potenza e 160 di peso. Anche la felicità ha il suo prezzo.

Per questo test abbiamo utilizzato il seguente abbigliamento Dainese e AGV:

AGV Corsa R

Dainese Super Race Leather Jacket

Steel-Pro In Gloves

D1 Evo

Axial D1 Air Boots

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