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Martino Bianchi: mi piacerebbe correre una Dakar con Marquez

Il Manager Honda pronto all'Odissea 2018: "La nostra moto è il punto di riferimento, abbiamo tutte le carte in regola per puntare alla vittoria"

Dakar: Martino Bianchi: mi piacerebbe correre una Dakar con Marquez

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La definiscono Odissea e per lui non nasconde segreti. L’edizione 2018 della Dakar avrà un sapore speciale per Martino Bianchi, la cui avventura nel RAID è iniziata ben 29 anni fa, ovvero nel 1988. Un passato tra Cagiva, Yamaha, Husqvarna, fino ad arrivare nel 2013 a ricoprire la carica di General Manger in  Honda per quanto riguarda le attività Rally.

HRC ha infatti puntato sull’esperienza del lombardo per tornare a brillare nella mitica corsa che ha fatto la storia del Motorsport dopo un’assenza durata ben 25 anni. Da quest’anno Bianchi è il nuovo Marketing and Communication Manager per la Casa dell’Ala Dorata e a meno di due mesi dal via della Dakar è pronto per la sfida che lo attende. Lo sterrato è da sempre il suo pane quotidiano, ma non manca la passione per il Motomondiale. Ci sono infatti due piloti a cui Bianchi piacerebbe vedere al via della Dakar.

Credo che Marquez e Dovizioso siano predisposti a questo tipo di corsa, dal momento che hanno già esperienze nell’offroad. Non voglio dire che Rossi non sia bravo, anzi, forse Valentino ha semplicemente meno esperienza di loro in termini di fuoristrada. Tra l’altro, una volta, scherzando con Marquez, mi disse che gli piacerebbe disputarla”. 

Lasciando i sogni da parte, la mente del manager lombardo è già rivolta al 2018. Due anni fa Honda ha centrato il secondo posto con Gonçalves, mentre nell’ultima edizione la vittoria è sfumata sul più bello con Barreda. Adesso è giunto il momento di ripartire.

 “Lo faremo con Joan Barreda, un pilota di grande qualità che può fare affidamento su una squadra motivata – ha analizzato Bianchi – al suo fianco ci sono Benavides, pilota argentino di grande esperienza, così come Gonçalves,  Metge e Brabec. Honda ha un gruppo molto affiatato e con tutte le carte in regola per essere protagonista”.

KTM rimane però imbattibile alla Dakar.  Dal 2001 fino ad oggi ha sempre vinto. C’è un’arma segreta su cui Honda potrà puntare per stravolgere il copione?

Credo che la nostra moto sia molto avanzata dal punto di vista tecnologico, dato che lo sviluppo è fondamentale in una corsa come questa – ha sottolineato il marketing e communication manager -  possiamo fare affidamento ad esempio su alcuni dettagli come il traction control oppure la possibilità di utilizzare il comando del gas senza il cavo, mappando quindi le centraline come vogliamo. Oltre a questo c’è anche altro”.

Ovvero?

La Honda è molto veloce e leggera – ha aggiunto – pesa soltanto 135 kg e ha una velocità di punta che tocca i 190 km/h. Credo che siamo arrivati dove volevamo a tal punto che la moto rappresenta un modello di riferimento”.

Nel 2015 avete mancato per un soffio la vittoria, mentre quest’anno siete stati costretti ad accontentarvi del quinto posto. L’obiettivo della prossima edizione è la vittoria o un podio può comunque bastare?

“Puntiamo dritti al gradino più alto – ha avvisato Bianchi – siamo consapevoli che la concorrenza sarà più agguerrita che mai, dal momento che KTM, così come Yamaha e Husqvarna sono competitive e lo hanno dimostrato in più occasione”  

L’edizione 2018 della Dakar, la 40^ della storia, arriverà a toccare tre Paesi, ovvero Perù, Bolivia e Argenina. Ci si chiede quindi cambi rispetto al 2017 dove il RAID toccava solamente Argentina e Bolivia?

“Quella dello scorso anno si pensava fosse una Dakar impegnativa – ha ricordato - invece il maltempo ha complicato i piani, infatti molte prove sono state cancellate in Bolivia. Lì il rischio pioggia è sempre elevato – ha analizzato il manager lombardo - fortunatamente quest’anno ci saranno soltanto due tappe. C’è poi il Perù – ha proseguito Bianchi - un luogo fantastico per i piloti, perché troveremo delle dune incredibili. Infine la classica “mazzata” da Salta a Cordoba”.

 La corsa si deciderà quindi nelle ultime prove?

“Credo che vedremo una bella selezione nelle prime tre tappe – ha svelato - in seguito le ultime quattro  metteranno davvero a dura prova i piloti. Oltre a questo c’è anche il meteo che gioca un ruolo fondamentale, dal momento che a Lima troveremo 40 gradi, mentre a La Paz soltanto cinque per poi tornare agli oltre 30 di Belen”.

Adesso il RAID si disputa interamente in Sudamerica, mentre fino al 2001 la corsa partiva da Parigi per poi approdare in Africa. Uno stravolgimento di programma non da poco tra usi e costumi.  

 “Negli ultimi 30 anni il mondo è cambiato e di conseguenza anche le moto e la Dakar. Una volta le assistenze erano in gara –ha ricordato - adesso invece percorrono il cammino tutto in autostrada. Ricordo inoltre che Franco Picco arrivava a fine tappa, montava la propria tenda, mangiava dalla scodella, in seguito si preparava il road book per il giorno seguente. Anche lo sforzo psicologico del pilota è diverso – ha aggiunto – prima si correva con un bicilindrico da 250 kg, adesso con un monocilindrico da 135 kg. La competitività rimane comunque  altissima e anche la pericolosità”.

Cosa rispondi a quelli che dicono che la vera Dakar è quella che partiva da Parigi per poi sbarcare in Africa?

“In Africa si arrivava in un mercato dove non c’erano i locali – ha sottolineato - le persone del posto vedevano passare la corsa e non nego soffrissero. In Sudamerica ci sono invece cinque milioni di appassionati sulle strade – ha spiegato Bianchi -  il paesaggio è molto suggestivo e il deserto diverso peruviano ben diverso da quello africano”.

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