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MotoGP, Nicky Hayden: il destino non manda araldi

A quattro giorni dall'incidente in bici una riflessione sul rischio e sugli incidenti 'inutili'

MotoGP: Nicky Hayden: il destino non manda araldi

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La MotoGP era in viaggio per Le Mans quando è stata raggiunta dalla terribile notizia dell’incidente occorso a Nicky Hayden a Misano.
Non a causa di una caduta in pista - sarebbe stata accolta diversamente - bensì come conseguenza di un incidente stradale fra una bici ed un’auto, come ne accadono purtroppo tanti nelle nostre strade.

A quattro giorni dall’incidente purtroppo i bollettini medici mantengono uno stretto riserbo sulle condizioni di Nicky, la prognosi resta riservata, ed anche quello di poche ore fa non è diverso.

Una cosa che non ha impedito che sui social apparissero molte notizie false, tanto da costringere il papà di Kentucky Kid, Earl, a diffondere dagli States una informativa.

A questo punto crediamo che sia giunto il momento di allentare la pressione su quanto è accaduto, pur comprendendo che la curiosità è conseguenza dell’amore dei tifosi per Nicky, sicuramente fra i piloti migliori del paddock, considerando solo il punto di vista umano e senza nulla togliere al suo stato di top rider.

Ciò che gli è accaduto, purtroppo, lo fa rientrare in una statistica che nulla ha a che fare con il nostro sport, ma con un altro - il ciclismo - che Kentucky Kid ha sempre praticato con assiduità, come molti altri suoi colleghi.

Il ciclismo, uno sport che affascina perché accomuna gli appassionati delle due ruote che vi riconoscono aspetti comuni: equilibrio, velocità, sacrificio, coraggio.

Come riportano le statistiche il 27 per cento degli scontri in bici in Ue (il 35 in Italia) avviene in prossimità di incroci stradali.

Su lifegate si legge:  “L’aumento delle biciclette, in questo caso, può dimostrare una diminuzione delle morti sia per la maggiore attenzione da parte degli automobilisti, sia da parte di chi pedala, sia per gli investimenti per rendere più sicuri e bike-friendly gli incroci fino all’aumento delle piste ciclabili.
Nel 2014 circa 26.000 persone sono morte in incidente stradali nell’Ue, una riduzione del 42 per cento dal 2005, rispetto al totale di 45.448.
Gli incidenti in bici rappresentano l’otto per cento rispetto al totale di incidenti stradali nell’Unione europea, con la morte nel 2014 di 2.112 ciclisti.
Tra il 2005 e il 2014 gli incidenti mortali su due ruote sono comunque diminuiti del trenta per cento, rispetti ai tremila iniziali; in Italia i numeri sono diminuiti da 335 a 273. Anche il tasso di fatalità per milione di abitanti europei è diminuito, dal 6,2 per cento del 2005 al 4,2 del 2014; in Italia è passato dal 5,8 al 4,5”.

I numeri purtroppo, anche quando sono positivi, non sono di alcuna soddisfazione perché ogni cifra rappresenta un amico, un fidanzato, marito, un padre. Come nel caso di Nicky Hayden.

Seguendo il motociclismo e l’automobilismo siamo abituati a confrontarci con gli incidenti, e spesso li cataloghiamo come dipendenti dalla fatalità. Perché il nostro è uno sport che ha a che fare con il rischio. Ma non è il solo: l’alpinismo, il paracadutismo, come i più recenti, spericolati, atleti del Cliff Diving con le loro tutte alate ci confermano ogni giorno che c’è e sempre ci sarà un discreto numero di ragazzi attratti dalla sportiva sfida con il rischio.

Ciononostante ciò che non tolleriamo sono gli incidenti che classifichiamo come ‘inutili’.

Quello di Michael Schumacher, quattro anni fa, nei pressi di Maribel, su una pista da sci. Così come quello di Jules Bianchi, il 5 ottobre del 2014 a Suzuka durante il Gran Premio del Giappone di F.1.

Inutili perché non dovevano accadere. Non doveva esserci un carro attrezzi sulla traiettoria di Jules, non una roccia sotto il casco di Schumi.

Vorremmo dire che non doveva esserci un’auto, nella svolta di Nicky, né un incrocio sul suo cammino, ma chi veramente è padrone del suo destino?

Oscar Wilde diceva: “Non esistono i presagi: il destino non manda araldi. E' troppo saggio o troppo crudele per farlo”.
Cosa vi dice questa frase? Cosa possiamo aggiungere che non sia stato già detto, o meglio, che già sia stato detto ed abbia un senso per noi in questo momento?

Come sempre dobbiamo cercare le parole giuste negli uomini saggi che ci hanno preceduto.
“Non dobbiamo cercare di vivere a lungo, ma di vivere abbastanza; vivere a lungo dipende dal destino, dalla nostra anima vivere quanto basta”.

Lo scriveva Lucio Anneo Seneca. Aspettiamo che Nicky, al suo risveglio, ce lo confermi. La sua bella anima merita una strada più lunga.

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