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SBK, Melandri: correre veloce? solo se sono felice

ESCLUSIVO Marco a cuore aperto: "rinunciai al denaro Ducati nel 2009, Aprilia mi obbligò alla MotoGP"

SBK: Melandri: correre veloce? solo se sono felice

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Si vive solo due volte non è un titolo di un film che si potrebbe adattare alla vita di Marco Melandri. Colui che una volta è stato il più giovane pilota a vincere un Gran Premio – nella 125, a 15 anni e 324 giorni, nel 1998, in Olanda – ha avuto infatti una carriera fortunata ma tormentata. Ha vinto molto, ma ha anche perso molto e spesso si è dovuto reinventare, fra alti e bassi tumultuosi come le onde dell'oceano.

E questo in tutte le categorie alle quali ha partecipato.

Complessivamente ha vinto un bel po', Marco: 41 gare, fra le quali 22 Gran Premi fra 125, 250 ove ha vinto il suo unico mondiale nel 2002 con l'Aprilia e MotoGP poi ovviamente c'è stata la Superbike. Impressionante anche i podi conquistato: 111.

Ciononostante per Melandri il successo è stato spesso un esercizio di equilibrio precario. E non sempre per colpa sua. Da sotto il sedere, infatti, gli sono sparite Kawasaki, Yamaha, BMW ed Aprilia, inseguito da una strana maledizione che ha voluto che tutte le case delle moto da lui guidate negli ultimi tempi si ritirassero.

Finché, a fine 2015, tornato in MotoGP con Aprilia non per sua scelta ha deciso lui stesso di mettere un punto alla sua carriera.

Poi, quando sembrava che avesse solo un grande avvenire dietro alle spalle è stato ripescato dalla Ducati, con la quale pure chiuse nel 2008 un burrascosa rapporto. Ed eccolo di nuovo qui, al fianco di Chaz Davies pronto a disputare il suo 20° anno di carriera.

A volte ritornano.

Emozionato?

“Sono molto contento più che emozionato. Adesso non mi sento nervoso ma contento perché inizio una stagione pronto, con una moto giusta per me e con un percorso di preparazione fatto nella maniera corretta. Per di più con una squadra che ha voglia di lavorare ed affrontare le difficoltà con la mia stessa motivazione”.

Perlomeno un po' teso...

“Mannò. Ho la consapevolezza che se faccio quello che so fare e se guido divertendomi i risultati arriveranno. Qualio? Lo vedrò sabato. La tensione si avverte quando cerchi una posizione che non è alla tua portata. Ora invece il mio obiettivo è quello di divertirmi ed essere veloce”.

Basta essere veloci? Tu più di una volta hai fallito l'obiettivo di raddoppiare il tuo bottino iridato .

“Nel 2012 ho perso il titolo della Superbike per cadute mie, ma quando a tre gare dalla fine del campionato ti arriva nel box il capo della BMW che ti dice che a fine anno si va tutti a casa l'atmosfera nel garage crolla. In quel frangente avvertii la responsabilità di quel ritiro e feci degli errori che fino a quel momento non avevo mai fatto. Però il passato non si cambia, e io non ci penso più”.

Forse ti pesa più il mondiale perso nella 125 nel 1999 contro Emilio Alzamora. Oggi è il manager di Marc Marquez, cosa pensi di lui?

“Allora, ciò che penso è che non basta essere il più veloce per vincere un titolo ma sono importanti anche le circostanze. Quell'anno diverse cose andarono stoirte, ma egualmente quel titolo fui sul punto di vincerlo lo stesso perdendolo per un solo punto. Emilio oggi sta facendo un grandissimo lavoro, ma non in quanto manager di Marquez, stare dietro ad un fuoriclasse come Marc è facile, si vende da solo, ma Alzamora sta facendo un gran lavoro con i ragazzini, con il suo team di giovani talenti, e lì che si vedono le sue qualità”.

Fai parte di un ristrettissimo numero di piloti che parrebbe non volersi fermare mai. Biaggi in pista sino oltre ai 40 anni, Rossi a 38, tu vicino ai 35.

“A me piace correre e guidare la moto, ma mi piace farlo quando tutto funziona bene e lavoro con gente che ha piacere di lavorare con me. Quando non è così non rendo. Io ho avuto l’umiltà di fermarmi quando le cose non funzionavano e credo di essere stato l’unico pilota nella storia a rinunciare all’intero ingaggio di un anno perché ero consapevole di non essere adatto a quella moto in particolare. Mi riferisco al 2009, con Ducati in MotoGP. La lotta per il mondiale, la caccia ad un titolo deve essere una conseguenza, non l'obiettivo di partenza. Sono consapevole di poter dare molto, ma devo essere messo nelle condizioni di farlo”.

Per questo durante il 2015 ti sei fermato.

“Nell'anno di stop ho fatto un passo indietro per farne due avanti. Se avessi corso accettando compromessi oggi non sarei qui. È stata una carta vincente, non una sconfitta. Se ho perso il filo della lama rimanendo fermo? Lo vedremo presto, in Gara 1”.

A molti risulta ancora incomprensibile il tuo ritorno in MotoGP per fermarti poi subito.

“Il fatto è che mi hanno obbligato a fare quel passo, ma non mi hanno convinto. Del resto in quel momento che alternativa avevo, cosa avrei dovuto fare? Se fossi stato a casa non avrei potuto fare niente altro. Poi fino a 10 giorni prima dell’Australia provai ad insistere, ed una volta nuovamente in MotoGP c'erano troppe situazioni non adatte a me. Non ero svogliato non riuscivo proprio a guidare. Però, senti, non voglio parlare del passato, sono in un momento felice, preferisco pensare all'oggi…”.

E' questo il tuo momento più felice da anni?

“No, il momento più felice è stato quando Manuela mi ha regalato una figlia e sono diventato papà ed è nata Martina. Chiunque l’abbia provato si rende conto che è quello l’unico scopo della vita. Sportivamente parlando invece penso che l'anno più felice sarà questo perché mi sto divertendo”.

Il momento peggiore?

“Quando mi sono trovato a casa dalle corse per scelte di altri e non mie. Almeno la soddisfazione di sbagliare con la testa propria...”.

Quanto ti schieri sulla linea di partenza cosa pensi, c'è un rivale che hai amato odiare?

“No, non ce n’è uno in particolar. Io le corse le vivo alla giornata, guardo sempre chi è vicino a me ed ovviamente è lui l'avversario da battere”.

Si può dire che Alberto Vergani più che il tuo manager sia il tuo miglior amico? E' anche merito suo se sei di nuovo qui.

“Dico una cosa sentimentale: con Vergani abbiamo un rapporto di amicizia profonda. Lui ha capito che la relazione umana per me va ben oltre al lato economico. Ci siamo trovati con la stessa mentalità, per questo andiamo così d'accordo”.

Il ritorno di Melandri per certi versi è stato inatteso. A quello che potrebbe essere il ritorno di Stoner pensi mai?

“Che sia ancora veloce lo ha dimostrato, cosa lui abbia in mente per quanto riguarda le gare non lo so. E forse non lo sa nemmeno lui stesso. Io però non sono un opinionista lascio queste chiacchiere ai giornalisti”.

Hai detto che ami guidare. C'è una moto di quelle che hai pilotato che rimpiangi ancora?

“E' difficile rispondere a questa domanda perché una moto è sempre un compromesso fra motore, telaio e gomme che sono una parte importantissima del pacchetto. Potrei dire la Honda 5 cilindri, perché era bellissima e aveva un antispin non invasivo. Era un aiuto, oggi il traction control ed i vari aiuti sono diventati invece è uno stile di guida. La Panigale mi ricorda quella Honda lì perché lascia che sia il pilota a guidare, l’elettronica è un aiuto ma la moto la devi controllare tu”.

 

 

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