“Ero a 250 chilometri orari quando, improvvisamente, mi è partita la ruota posteriore e la mia R1 mi ha sparato violentemente in aria… ho toccato l’asfalto e l’impatto è stato devastante: tibia e perone fratturati e stagione Superstock 1000 compromessa”.
Comincia dal momento più doloroso il racconto di Riccardo Russo, pilota campano che, dopo una stagione interrotta dal terribile volo di Assen, ha reagito prontamente: “non ero depresso né demoralizzato; mentre mi leccavo le ferite ero solo incazzato per il procedere del mio campionato. Dissi addio al titolo, considerando i soli 8 appuntamenti in calendario”.
Hai saputo guardare avanti, immediatamente…
“Purtroppo è capitato ma ‘uà’ (fa spallucce) andiamo avanti. Sono tornato nella gara in Germania e sono salito subito sul podio, sul terzo gradino, dopo due piloti del calibro di Mercado e Staring”.
Anche nella vita, reagisci prontamente dai guai?
“Reagisco subito! A casa mi sono allenato come un matto per recuperare e, passo dopo passo, ce l’ho fatta. Io sono così: guardo subito avanti, non ho tempo da perdere in lacrime, in nessuna situazione".
L’avventura di questo ventiquattrenne nacque proprio dove il piccolo Riccardo salì in sella la prima volta: “a Casaluce abbiamo un tracciato lungo un chilometro e seicento metri; utilizziamo minimoto, supermotard e anche i go-kart. La ‘colpa’ fu di mio padre che mi buttò in pista sottraendomi al calcio, il più popolare sport qui in Campania. Lui aveva un’arma di corruzione letale: la pista stessa! Fu impossibile resistergli”.
Nonostante tu abbia smesso, segui ancora il calcio?
“Eccome no? (Ride). Vado spesso a vedere il Napoli al San Paolo e sono un grandissimo tifoso. Quando gli ultrà cantano gli inni dedicati alla squadra a me viene la pelle d’oca! L’emozione che provo allo stadio è indescrivibile. Da calciatore davo e prendevo calci, gomitate e testate. Ma capirai, nulla di grave. Niente è paragonabile all’adrenalina di una gara”.
Ci si picchia anche in moto?
“Sì, e meno male! Ricordo un duello con Van Der Mark: erano i tempi della stock600 e, in ogni passaggio, io l’olandese ci siamo picchiati sonoramente. Altro che i contatti tra giocatori di calcio: io e Mark ci siamo toccati più volte tra spallate, carenate e colpi di ruota. Bellissimo ma… attenzione alla squalifica! Nelle gare in moto, tutto è monitorato, ogni manovra viene valutata e noi piloti abbiamo meno libertà d’azione”
È più severo l’arbitro con fischietto e cartellini colorati o la race direction?
“Con l’arbitro, se vuoi, ci parli, ti lamenti e lo mandi a… quel paese. Nelle corse l’eventuale comunicazione ti arriva dalla direzione gara e tu sei dentro o fuori, senza poter ribadire”.
Le moto non sono il calcio e per correre serve spendere denaro: “molti investimenti sono stati fatti dalla mia famiglia, ai miei esordi. Qualche soldino sta arrivando, rendendo felice me ed i miei genitori. Gli sponsor ci stanno aiutando perché in questo settore nessuno ti regala niente e ogni giorno servono sacrificio ed impegno costanti. Ad esempio, io mi alleno duramente e devo mangiare senza esagerare”.
L’anno prossimo ti attenderà la Yamaha R1 del team Guandalini…
“Il team è molto esperto e la moto sarà eccellente. Voglio precisare che non disporremo di una R1 ufficiale ma, ne sono certo, avremo un mezzo competitivo per fare bene. Andranno solo risolti alcuni dettagli a livello di trazione ed elettronica. Io voglio infastidire gli ufficiali, ce la posso fare”.
Cosa hanno i top rider in più, secondo te?
“Rea e Davies sono grandi piloti, due campioni. Ma, per avere certe performance, il pacchetto costituito da moto, assistenza, sviluppo ed esperienza deve essere completo. Nessun pilota riuscirebbe a vincere le gare senza una moto ed un team di riferimento”.
Il tuo stile è da 250GP: alte velocità in curva e linee tonde…
“È vero, pur non avendoci mai corso. Ho sviluppato questo stile con gli anni perché, prima, tendevo ad essere troppo aggressivo nell’apertura del gas e distruggevo le gomme. Ora la guida pulita e lineare è la mia arma”.
Nel 2014 il giovanissimo Riccardo debuttò in Moto2 in veste di wild card ed esibì un casco con l’effige di San Gennaro, con tutti i prodotti tipici e caratteristici napoletani. Il paddock e la MotoGP lo colpirono subito: “nel Motomondiale tutto è come un cinema: ci sono molte persone, l’aspetto comunicativo e gli sponsor sono doppiamente sviluppati. A me piace anche la SBK e so che crescerà ancora tanto, proprio come voglio fare io”.