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MotoGP, Lin Jarvis: Rossi sarà in pista a Valencia

Il manager della Yamaha non crede al dubbio di Vale: "Supereremo questo momento"


E' stata una brutta domenica per il superteam Yamaha. Dopo aver vinto il campionato a squadre e il mondiale marche, con il titolo piloti in cassaforte, Lin Jarvis affronterà il Gran Premio di Valencia con qualche bruciore di stomaco ed il box diviso.

Non è però preoccupato il managing director della casa di Iwata. Ha una certa esperienza nella gestione di piloti difficili e, come dice spesso scherzando, dopo Max Biaggi chiunque è una passeggiata di salute.

"Non è il peggiore scenario possibile - spiega - se uno dei piloti si fosse fatto male, quello sarebbe stato il peggiore possibile. Riusciremo a gestire questa cosa. Chiaramente Marquez ha disturbato Rossi e Valentino ha fatto una scelta sbagliata. Detto questo sono molto dispiaciuto che Marc sia caduto, ovviamente".

Jarvis domenica ha comunque dovuto affrontare la situazione, perché mentre Lorenzo chiedeva - metaforicamente - la testa del compagno di squadra, Lin presentava un appello per far togliere a Valentino la penalizzazione. Appello poi respinto.

"Non è il lavoro di Lorenzo giudicare quanto è accaduto, né è il mio", il suo laconico commento.

Resta il fatto che Valentino Rossi si è lasciato sfuggire che sta considerando la possibilità di non correre affatto a Valencia. Una eventualità che Lin Jarvis rigetta nella maniera più assoluta.

"Rossi sarà al via del GP di Valencia", taglia corto.

Come farà a convincerlo, a meno che il pesarese non stia bluffando, è difficile da dire considerando che Jarvis giovedì non era stato messo a conoscenza della decisione di Rossi di attaccare Marquez in conferenza stampa.

L'impressione è che nel box Yamaha, così apparentemente unito e senza muri, ci sia un ordine segreto di fedelissimi del quarantasei dal quale nulla trapela.

Del resto a loro si riferiva lo stesso Valentino quando, parlando di Marc, giovedì scorso aveva detto: "mi avevano avvertito che non era sincero, all'inizio non credevo loro. Avevano ragione".

 

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