Tra F1 e Moto: di scoppi e gomme fallate

Non solo Formula Uno. La storia del motociclismo racconta di scoppi clamorosi

E' il punto di congiunzione tra mezzo e pilota. Fondamentale certo, al punto che il loro sfruttamento risulta essere la chiave di volta tra successo o sconfitta. Il gioco è complesso, perchè si basa su variabili, tante variabili. Assetti, sensibilità di chi guida, velocità, condizioni atmosferiche e dell'asfalto, grip. Si, avete capito bene, parliamo di pneumatici, gomme.

Fondamentali nella loro dinamica e natura per le sorti di una gara. Due e quattro ruote poi hanno variabili differenti. Una gomma da moto, con i suoi 17 pollici, 'scende' in piega, ed ha una superficie d'attrito differente rispetto ad una monoposto di Formula Uno, che corre con cerchi da 13 pollici; differiscono ovviamente anche le potenze e le sollecitazioni a cui deve sottostare.

La gomma da moto quando il grip va a diminuire, può portare alla classica scivolata e caduta. Al posteriore la perdita e la ripresa del grip porta a quell'effetto 'catapulta' chiamato high-side. In una Formula Uno la situazione ha delle differenze. Perchè la superficie d'attrito non cambia radicalmente quanto per una moto. La dinamica è simile: vi è comunque un appoggio dato dalla forza centrifuga verso la spalla, ma la dinamica del veicolo influenza il comportamento e, a monte, la realizzazione stessa ovviamente.

Concettualmente comunque, quando una gomma inizia a consumarsi, inizia a scendere nella sua temperatura di esercizio avendo meno attrito, arrivando a scivolare. Ecco, evidentemente non a disintegrarsi, a slaminarsi di colpo quando, fino a quel momento, la soglia prestazionale era rimasta praticamente invariata come accaduto per Vettel a Spa Francorchamps. Chiaro, una gomma che 'finisce' la sua vita inizia a perdere prestazione prima, e per cause esterne può avere un dechappamento. Però, in questo caso, non stiamo parlando di una foratura.

In condizioni normali, su un mezzo dall'equilibrio precario, la gomma cede sempre più fino a quando non riuscirà a contenere più la piega. L'esempio in Malesia durante l'ultimo round Superbike, dove una gestione poco corretta degli pneumatici ha portato - per citarne uno -Tom Sykes dal primo posto a girare oltre cinque secondi più piano. La questione non riguarda però l'usura di uno pneumatico. Tanta o poca, quella è, sottoposta a variabili contenute, definite.

Uno scoppio, uno slaminamento improvviso è un qualcosa di imprevedibile, pericoloso. E' un qualcosa che non dovrebbe accadere, ma che è acccaduto tra le Ardenne, per due volte. Al venerdi con Rosberg e la domenica proprio con Sebastian. Chiariamo subito un punto. La Ferrari ha azzardato una strategia rischiosa? Si, forse. Ma l'avrà fatto sulla base di un monitoraggio ed un incrocio di dati tra Spa e una schiera di ingegneri in 'Mirror room' a Maranello.

Ed i dati avranno detto che comunque la gomma non aveva un calo prestazionale. In Pirelli si difendono dicendo che quella gomma poteva fare al massimo 22 passaggi. Benissimo: perchè non fermarli in maniera decisa allora?

Perchè poi le conseguenze sono quelle di uno scoppio? I detriti della posteriore destra di Vettel sono arrivati in cielo sul Kemmel. Non sarebbe stata la prima volta in cui il gommista sarebbe intervenuto con 'consigli decisi'. Vien da pensare al gran premio d'India del 2013 quando Vettel rientrò al secondo giro in gara per dire.

Ora, non avendo un'analisi di quanto successo tecnicamente tra le mani, dare per certo che le due situazioni siano collegate risulta essere non corretto, oltre che azzardato. Certo è però, che i punti in comune nella dinamica sono evidenti. Non è la prima volta che accadono questi 'scoppi'. La mente ritorna a Silverstone nel 2013. Tante furono le gomme che scoppiarono in quella gara, nel bel mezzo di una crisi politica in Formula Uno, con la Red Bull e la Mclaren che spingevano per un ritorno alle coperture dell'anno prima, e con Pirelli che parlò di camber troppo spinti da parte delle squadre su un circuito con cordoli particolari e curve lunghe in appoggio.

E proprio le gomme dell'anno prima sono state un elemento nodale in questo periodo nel mondo della Motogp. Le calzature del 2014 non sono mai piaciute a Jorge Lorenzo, tanto per dire, mentre quelle 2015 si. La dietrologia poi ha portato alle polemiche sul loro utilizzo in talune tappe. Ragioni di sicurezza se si va a vedere bene. Perchè un'esplosione è un'esplosione, ma su un mezzo dall'equilibrio instabile e poco protettivo come una moto, può far danni ancor maggiori.

L'almanacco del motomondiale racconta di eventi che potevano finire in piena tragedia proprio per lo scoppio di una gomma. A partire, per esempio, dal dechappamento sul lungo rettilineo alberato di Imatra del 1981. Protagonista Kenny Roberts. Il marziano aveva dominato negli anni precedenti, ma in quella stagione si ritrovò unico rappresentante Goodyear contro l'avanzata Michelin.

Ancor prima invece, e ci troviamo nel 1975, a Daytona, a far le spese di uno scoppio di uno pneumatico posteriore Dunlop sulla sua Suzuki TR750 fu Barry Sheene. Erano dei test in vista della mitica 200 miglia. Divenne l'uomo bionico il suddito di sua maestà, ma ciò non gli impedì di diventare il campione che era.

In epoca più recente, come si fa a non citare il grande volo di Nakano in sella alla Kawasaki gommata Bridgestone. La casa nipponica si era affacciata da poco nel mondiale Motogp in maniera più decisa, e in quella stagione era anche stata in grado di avere qualche exploit.  L'anfiteatro era il rettilineo d'arrivo del Mugello. Poco prima della staccata della San Donato la posteriore nipponica scoppiò letteralmente a oltre 300 km/h. Nakano, fortunatamente, rimase illeso.

E che dire di Valentino Rossi ad Assen quando rientrò ai box con la gomma posteriore distrutta, o la situazione al limite del paradossale di Phillip Island, quando la Bridgestone rimase sorpresa dalle temperature raggiunte in Australia con il nuovo asfalto, dovendo ricorrere al pit-stop obbligatorio per la gara.

Il discorso è lungo e complesso quando si parla di gomme. Perchè gli effetti concreti si visualizzano su lo pneumatico, ma le cui cause risultano esser molteplici. Vi è il pilota con il suo stile di guida, vi è il settaggio del mezzo e del modo con cui fa lavorare la gomma, e la gomma stessa, con le sue mescole e carcasse, e che può subire variazioni terze (si pensi ad un detrito), essere difettosa. Tutti elementi che possono essere messi in preventivo, ma che, di logica, non dovrebbero portare ad uno scoppio.

Una gomma può dechappare si, afflosciarsi. Può consumarsi fino alla tela e quindi far crollare una prestazione in maniera estrema (oltre al già citato Sykes, verrebbe da pensare ad un giovanissimo Hamilton in Cina quando rimase bloccato nella ghiaia con la gomma letteralmente finita) ma una esplosione del genere no.

E poco importa che poi si parli di strategie o di vita di uno pneumatico. E' la conseguenza il fulcro della questione. Pirelli, in questo caso, si difende affermando per voce di Paul Hemebry di come in formula Uno sia stato tolto il limite di giri per una gomma. Vero, fu fatto per non penalizzare troppo - dopo il 2011 - le vetture con un telaio migliore, in grado di non consumare troppo gli pneumatici.

Pneumatici che, giova ricordarlo, in Formula Uno hanno vita volutamente limitata per incrementare lo spettacolo. Scelte volute fortemente da case e da Patron Bernie. Come a dire: i mandanti sono altri, la casa realizza e sforna in base alla domanda.

Se in MotoGP le gomme potrebbero correre senza problemi più di un gran premio come distanza di gara, tra le quattro ruote la scelta fu fatta per poter agevolare i sorpassi portando un calo repentino della prestazione. Un'idea nata dopo aver assistito ad un errore Bridgestone in Canada nel 2010, con le gomme che si sfaldavano troppo presto. Prestazione che però ieri Vettel aveva praticamente mantenuto, fino all'oramai famigerato scoppio.

Imprevisti capitati in maniera 'democratica' a praticamente tutte le case, e che possono portare a conseguenze anche ben peggiori rispetto a quanto accaduto finora. Un motivo in più per riflettere quando ci troviamo di fronte a determinate scelte per un gran premio da parte di una casa di pneumatici.


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