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SBK, Rea vs Sykes: rivali allo specchio

L'INTERVISTA PARALLELA Johnny l'onesto e Tom il sensibile. I due acerrimi rivali a nudo

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Il compagno di squadra è il primo degli avversari, recita uno degli adagi più noti nel mondo delle corse. Risultati alla mano, il duello più acceso del campionato SBK 2015 è senza dubbio tra Jonathan Rea e Tom Sykes.

I due britannici hanno fin qui raccolto 14 successi (11 Rea, 3 Sykes) su 18 manche disponibili, spinti anche da una forte quanto (fin qui) corretta rivalità. A Sepang, dove il nordirlandese dovrebbe guadagnare 25 punti sul compagno di squadra per conquistare il titolo con tre gare di anticipo, li abbiamo sottoposti ad un’intervista doppia.

Tre aggettivi per descrivere te stesso?

Tom Sykes (TS): “Riflessivo, calcolatore, sensibile”.

Jonathan Rea (JR): “Onesto, leale, che lavora duro”.

Tre aggettivi per descrivere la Kawasaki?

TS: “Ne bastano due: costante e affidabile,

JR: “Stabile, divertente e completa”.

I tuoi punti di forza e le tue debolezze come pilota?

TS: “So sviluppare una moto e so cosa serve per andare forte. Molti piloti sono veloci con una moto competitiva, ma non capiscono cosa serve per salire di livello. Dall’altro lato, forse ci metto un po’ più degli altri per essere veloce nei primi turni ma a inizio weekend non danno premi…”

JR: “È difficile giudicare sé stessi… Il mio livello di concentrazione è costante durante la gara, cosa che mi aiuta a non fare molti errori. Fisicamente, sono più preparato della maggioranza degli altri piloti. Con la squadra, abbiamo sviluppato un metodo molto efficace per rendere la moto competitiva durante l’intero arco di gara. È una cosa che ho imparato in anni di difficoltà. A volte devi essere preparato a metterci del tuo, ed io preferisco non aprire il libro delle scuse. Se mi battono in gara, è perché sono stati più forti di me”.

I punti forza e le debolezze del tuo compagno di squadra?

TS: “Beh, è riuscito a spremere il massimo dalla Kawasaki fin da subito. La moto si adatta molto bene al suo stile e lui è molto veloce. Sulle debolezze non sta a me commentare”.

JR: Tom riesce a fermare la moto in pochissimo spazio. Ha uno stile unico, che lo aiuta su alcune piste e lo penalizza in altre. È molto veloce sul giro secco, e riesce anche a renderti molto difficili i sorpassi. Come debolezze, direi che a volta stressa troppo la gomma, e in generale fatica ad adattare il suo stile alle moto che guida. Questo ne limita le possibilità di essere competitivo su ogni pista ed in ogni condizione”.

Nella tua carriera, quali sono stati i compagni di squadra più facili e difficili con cui convivere?

TS: “Non penso molto alle rivalità interne, non sono ossessionato con battere il mio compagno quanto arrivare primo e battere tutti i piloti in pista. Ho avuto ottimi compagni, a parte lo scorso anno. Ho un ricordo particolarmente buono di Simon Andrews, era molto divertente dividere il box con lui in BSB”.

JR: “Kiyonari in BSB ed Andrew Pitt in WSS sono stati i migliori. Mi dava molta soddisfazione batterli, e li ho sempre rispettati molto quando mi hanno battuto a loro volta. Erano entrambi molto professionali e dei veri sportivi. Lo stesso vale per Haslam. D’altro canto, non è stato facile dividere i box con Xaus. Era molto critico nei confronti della moto e squadra, cosa che mi ha reso difficile restare motivato.

Che ne pensi della MotoGP?

TS: “Non ho mai fatto il salto perché non mi hanno mai offerto una buona opportunità. Mi dispiace, perché sono molto curioso di provarne una. Sfortunatamente, le regole attuali della SBK mi fanno sentire come se guidassi la moto senza correrci, e la cosa mi dà un certo fastidio. Ci sono stati dei passi indietro dal punto di vista dello sviluppo. Per questo vorrei provare una MotoGP, secondo me il mio stile si adatterebbe bene alle specifiche tecniche di quel campionato”.

JR: “Il nuovo formato di qualifiche, che hanno preso dalla SBK, mi piace. Rende le cose più interessanti, anche se personalmente preferisco la vecchia Superpole con un pilota in pista alla volta. Credo che il punto di forza siano le categorie differenziate in maniera chiara e semplice. La SBK ha tante categorie, e spesso ospita i campionati nazionali a supporto dell’evento. Forse servono più classi perché ci sono meno soldi, ma sarebbe bello offrire una chiara piattaforma per crescere un vivaio, magari partendo da una classe cadetta su 300cc a quattro tempi, per poi passare alla WSS”.

Che ne pensi dello status quo della SBK?

TS: “Mi piace ottenere il massimo dalla moto, e questo coinvolge diversi aspetti – dal telaio alla ciclistica ed elettronica – sui quali ultimamente non possiamo intervenire come una volta. Sono orgoglioso del fatto che ora tutti vogliano la Kawasaki, una volta non era così ed ho contribuito al suo sviluppo. Ma l’aspetto tecnico non mi soddisfa in pieno. Se parli con chi fa i regolamenti, dicono che il regime di moto unica è più giusto per i team minori, ma non sono d’accordo. Anzi, penalizza le squadre che lavorano duro per ottenere gli sponsor migliori. Non è il modo migliore di equilibrare i valori in campo, cosa che comunque è quasi impossibile. I team ufficiali saranno sempre più veloci dei privati, ed il gap in gara rimane lo spesso.

JR: “Come ho detto, penso ci sia troppa differenziazione nelle categorie. Magari i migliori team della Stock1000 dovrebbero passare alla SBK, perché potrebbero certamente chiudere nelle prime dieci posizioni. Pensa a Savadori, sta facendo un ottimo lavoro ma avrebbe molta più visibilità se chiudesse in settima o ottava posizione in SBK”.

Che ne pensi del formato della SBK, con doppia gara?

TS: “Mi piace dal punto di vista strategico, ma abbiamo davvero poco tempo tra le due manche. Se vai a podio, hai le celebrazioni e le interviste, e ti resta un’ora scarsa per tornare a concentrarti e recuperare le energie. Guardo con interesse la MotoGP, che fa una gara sola, ma la SBK ha sempre fatto due gare e forse è meglio mantenerla così per preservarne l’identità”.

JR: “Fa parte della filosofia della SBK, ma capisco che a volte sia difficile stabilire il vincitore della domenica. A volte ci sono due eroi, due storie da raccontare, ma non saprei come cambiare lo scenario. Forse una gara unica con pit-stop e cambio gomme sarebbe molto interessante da pilota, ma per il pubblico da casa sarebbe noiosa forse. Vedi la Formula 1, da casa guardo sempre i primi giri ma poi aspetto solo i pit-stop. Forse due gare più brevi sarebbero un’alternativa. Le due manche sono importanti per un pilota perché, se vai dall’altra parte del mondo ed hai un problema meccanico, almeno hai un’altra possibilità di portare a casa dei punti”.

Un confronto tra i due paddock?

TS: “Non conosco la MotoGP, ma tutti dicono che la SBK è più familiare ed accessibile mentre il motomondiale è più orientato al business, ma parliamo di uno sport molto competitivo e non mi stupisce questa mentalità”.

JR: In MotoGP ci sono più soldi e devi essere più politicamente corretto, a meno che tu non sia già una star. A volte è difficile essere sé stessi, mentre in SBK il tuo carattere può emergere. Oggi, alla gente non interessano solo i risultati e le cronache, ma anche le storie. Servirebbero più giornalisti (ride)”.

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