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SBK, Schwantz: una volta c'era più rispetto

"L'onestà è imprescindibile. Con Rainey, Lawson e Doohan ci siamo sempre detti le cose in faccia"

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La presenza di Wayne Rainey e Kevin Schwantz a Laguna Seca in occasione del nono round del campionato SBK ha riportato gli appassionati all’età dell’oro del motociclismo d’oltreoceano. Un’era che sembra lontana anni luce, tecnologicamente parlando, caratterizzata da pochi filtri, tanto gas, e rivalità – dentro e fuori dalla pista – che hanno alimentato una mitopoiesi nostalgica. Il passato non torna, ma il presente può sempre trarne lezioni interessanti. Dopo gli spunti offerti ieri da Rainey ieri, oggi è il turno di Schwantz.

“Il livello della SBK è alto come non mai – ha osservato il texano – Il tratto distintivo della serie sono sempre state qualifiche e gare con piloti molto vicini tra loro. Quest’anno, solo Rea e Sykes sono riusciti ad andare in fuga qua e là, a dimostrazione del livello della Kawasaki. In MotoGP dovrebbe essere lo stesso, e dovrebbero liberarsi dell’elettronica, perché i migliori emergono sempre, con o senza”.

Una proposta, quella del texano, più filosofica che pratica, mirata ad un compromesso tra il sofisticato ed il rudimentale.

“Anche senza strategie così complresse, sarebbero gli stessi piloti a lottare per la vittoria – ha aggiunto Schwantz – D’altronde, i Costruttori corrono per sviluppare tecnologie delle quali può fruire l’utente finale e, con moto così potenti e veloci, l’elettronica è necessaria. Serve anche a me, per divertirmi con una supersportiva per strada”.

Non era comunque soltanto la tecnologia a differenziare l’epoca di Schwantz & co. da quella attuale, ma anche il lato umano.

“Con Suzuki, avevo una buona moto ma dovevo tenermi motivato, ed alimentare il fuoco con Rainey era un modo per farlo – ha ricordato Schwantz – Se mi batteva, dovevo comunque trovare il modo di farlo pensare a me fino alla gara successiva, di farlo arrivare al giovedì con la voglia di darmi un’altra batosta (ride)”.

La differenza col passato, secondo Schwantz, è soprattutto culturale. “L’onesta tra piloti è imprescindibile. Se non dici quello che pensi, che ti piacciano o meno altri piloti, non saprai mai come trattarli in pista o cosa possano fare a loro volta. Con i miei rivali – Mamola, Lawson, Rainey, Doohan… – ci siamo sempre detti le cose in faccia. In pista, anche nei duelli più accesi, sapevamo che l’altro non avrebbe fatto stupidate, non ci preoccupavamo della sicurezza, guidavamo tutti entro limiti che non abbiamo concordato ma che sapevamo benissimo. Ora manca un po’ quel genere di rispetto”.

Nostalgia canaglia...

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