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SBK, Schwantz: l'arma in più di Giugliano? Il cuore

INTERVISTA DOPPIA: "Senza l'infortunio poteva infastidire Rea". Giugliano: "Kevin è la scuola"

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A Laguna Seca ci sarà più di un 34 nei box Ducati. Kevin Schwantz passerà infatti il weekend a fianco di Davide Giugliano, nelle vesti di tifoso d’eccezione. Il texano è l’idolo d’infanzia del romano, che non a caso ha sempre portato lo stesso numero sul cupolino, un'eterna fonte di ispirazione e, da qualche anno, anche un amico. In casa del maestro, l’allievo farà di tutto per onorarne l’eredità sportiva. Nel frattempo, i due hanno condiviso alcuni aneddoti sulla loro amicizia e sulla rispettiva passione per le corse.

Com’è avvenuto il vostro primo incontro?

Kevin Schwantz (KS): “Tramite Aldo Drudi, che disegna i caschi per entrambi. Non abbiamo mai passato molto tempo insieme, ma ci sentiamo costantemente. Parliamo di gare, a volte gli faccio i complimenti, siamo diventati buoni amici. Il fatto che Davide ha iniziato a correre ispirato da me è qualcosa di bello”.

Davide Giugliano (DG): “Beh, diciamo che ho fatto conoscenza con lui con le mitiche cassette di Mondocorse, che ho riguardato un’infinità di volte, ora le ho pure salvate in DVD. Fisicamente, ci siamo incontrati nello studio di Drudi a fine 2011. È stato un momento molto emozionante, tanto che io all’inizio stavo praticamente zitto, perché lui secondo me ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia delle corse e inventato lo stile moderno. È stato Kevin a mettermi a mio agio (ride)”.

Qual è il punto di forza dell’altro come pilota?

KS: “Quando la moto è competitiva, non ne trovi di piloti più veloci. La Ducati di oggi è un po’ come la Suzuki dei miei tempi, deve essere quasi perfetta per stare al vertice, ed il pilota ci deve mettere il resto. Davide, ed è vero solo per pochi piloti, ha un gran cuore. Dà sempre il 100%, ad ogni giro, ad ogni turno. A volte, può essere anche una debolezza, perché devi anche prendere decisioni sensate. Lo sta facendo, peccato per l’infortunio ad inizio stagione… Se qualcuno poteva dare fastidio alle Kawasaki con costanza era proprio lui”.

DG: “La staccata era il suo marchio di fabbrica, ma penso soprattutto alla sensibilità con il gas. Nonostante Kevin sia sempre stato uno generoso sotto questo aspetto, su moto che perdonavano meno di quelle di oggi, ha dimostrato di averne di più di chiunque altro”.

Avete mai condiviso la pista?

KS: “No. Mi piacerebbe girare insieme, lui sulla Ducati, io sulla Suzuki RGV500”.

DG: “È una bella idea, sarebbe davvero emozionante. Comunque Kevin fa anche dei corsi qui negli Stati Uniti, magari una di queste volte lo raggiungo lì”.

La maglietta celebrativa che indossate recita “old school riders”. Che cosa vi piace della vecchia scuola?

KS: “Ai miei tempi – dopo le lotte con Rainey, Lawson, o Gardner –  volevi sempre esprimere la tua opinione a fine gara. Davanti alla stampa o al bar la domenica sera c’era sempre un’opportunità di litigare. La MotoGP e la SBK hanno bisogno di scontri, rivalità. Sono le controversie a destare l’interesse dei tifosi. Faccio un esempio. Quest’anno, dopo le gare di Donington, Rea avrebbe dovuto dire qualcosa come ‘a volte devo pur lasciare vincere Sykes’. Lo avrebbe fatto incazzare, ed avrebbe tenuto l’attenzione mediatica ad alti livelli. Quando correvo, tra i piloti c’erano grandi rivalità, condite sempre da molto rispetto. Tolti casco e guanti, senza adrenalina, c’era sempre una seconda occasione per spiegarsi e chiarirsi ancora meglio qualche ora dopo la gara. Se l’altro ti batteva, poi, lo si ammetteva senza problemi, pensando già a come restituirgli il favore. Oggi molti piloti vanno in giro con una lista di scuse nel taschino”.

DG: “Kevin rappresenta LA scuola, qualcosa che ancora oggi sfruttiamo noi piloti. Non parlo di velocità o stile di guida, né voglio fare paragoni perché lui è un campione ed io non ho ancora vinto nulla, ma di attitudine. Di un’amore totale per la moto e per la pista. Di non porsi limiti. Schwantz ha dimostrato l’importanza dell’immaginazione e della convinzione di poter fare qualcosa. Ha compiuto gesta uniche. Si è infilato tra due moto per sorpassare in rettilineo, ha tirato quella staccata incredibile ad Hockenheim, metteva le marce con la moto di traverso. È sempre stato una grande fonte di ispirazione. Aveva quell’estro che ti fa innamorare di un pilota”.

Quali sono le prime tre qualità di un pilota ideale?

KS: “L’onestà innanzitutto. Poi la motivazione. Devi avere un cuore grande, dare sempre il massimo, mettere tutto sul tavolo, ad ogni giro, ogni turno, ogni gara. Altrimenti non sarai mai preparato per affrontare problemi, tecnici o fisici che siano. La terza è il rispetto. Devi sapere che bella vita fai, facendo il pilota a questo livello e guadagnando bene, e rispettare i colleghi, una cosa che manca un po’ nel paddock”.

DG: “Sembra scontato ma non è così: prima di tutto il talento puro. A questo livello, ce l’hanno tutti. Quello ‘vero’ però si nota di più. Il resto lo puoi costruire con impegno e sacrificio. Poi direi lucidità e umiltà. Quest’ultima è indispensabile per crescere. Bisogna essere umili per imparare qualcosa da tutti”.

Il primo incontro tra Schwantz e GiuglianoChe cosa vi direte prima della gara?

KS: “Per me questa è sempre stata una pista difficile. Penso che gli dirò che non c’è modo di rilassarsi, dalla prima all’ultima curva devi restare estremamente concentrato. Per il resto, saprà cosa fare”.

DG: “Magari dalla TV non sembra, ma sono una persona molto riservata. Ascolterò i suoi consigli e gli darò una stretta di mano energica. La presenza di Kevin emana una grande positività, sarà bellissimo averlo con me in griglia”.

La curva più difficile di Laguna Seca?

KS: “Lo scollinamento sul traguardo. Se misurassero le pulsazioni, molto probabilmente schizzerebbero per ogni pilota. Lo si affronta in pieno, e devi osare col massimo della fiducia, farla girare di forza prima della staccata. Tutte le volte che l’affrontavo, pensavo ‘o cavolo, un’altra volta, spero di farcela anche questa’. Il Cavatappi è tecnico ma si tratta più che altro di tenere la traiettoria. Anche la Rainey è molto tecnica, ma lo scollinamento ti toglie il respiro”.

DG: “La Rainey, è sicuramente quella dove sento la vera eccitazione. Si fa in terza, non piena, l’ingresso è in discesa e devi essere precisissimo nella linea”.

La tua pista preferita?

KS: “Suzuka o Donington, non saprei decidere. In Inghilterra ci sono un sacco di frenate forti, dove potevo recuperare terreno. Il Giappone ha rappresentato il mio primo viaggio ‘overseas’ nel 1985, e mi piace per la fluidità e la varietà”.

DG: “Misano o Donington. La prima è quella dove mi sento più a casa, la seconda rappresenta uno dei templi delle gare, già dai tempi del Transatlantic Trophy, e girarci mi ha sempre dato una motivazione in più”.

La tua gara più memorabile?

KS: “Anche qui non so decidermi, direi Suzuka o Hockenheim, entrambe nel 1991. In Germania ho tirato la famosa staccata a Rainey, a Suzuka me la sono giocata con Rainey, Gardner, Lawson, Kocinski, e un sacco di wild-card locali. All’inizio ero primo, poi ho perso improvvisamente terreno. Nel finale ho avuto come un’illuminazione, capendo cosa dovevo fare per andare più forte, ed ho recuperato e vinto”.

DG: “Quella del rientro dopo l’infortunio, ad Imola. Qui a Laguna nel 2013 sono andato vicinissimo a vincere, ma quest’anno ad Imola me la sono goduta di più”.

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