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SBK, Dall’Igna: ci credevano folli, ma si sbagliavano

"Vincere con la GP15 ora è un obiettivo realistico, ed anche la Panigale lotta per il titolo"

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Indossa maglietta e sneakers al posto di una marsina militare, preferisce un semplice pizzetto alla barba lunga, e invece della spada ha come arma principale una matita (o mouse, alla bisogna), ma Luigi “Gigi” Dall’Igna può essere definito, come Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi. Il Direttore Generale di Ducati Corse ha partecipato a diverse campagne vittoriose nelle categorie minori del motomondiale, per poi tracciare un lungo e vittorioso corso in SBK, sempre con Aprilia. Passato all’armata Rossa, l’ingegnere veneto ha focalizzato le sue risorse sul motomondiale, ma non ha certo perso di vista le derivate di serie, e ad Imola sta seguendo da vicino Davide Giugliano e Chaz Davies nei box del team ufficiale Ducati, proprio di fianco a quello dei suoi ex collaboratori. Nonostante questo, Dall’Igna ha trovato il tempo per concederci una chiacchierata a 360 gradi, tra motomondiale, derivate di serie, e prodotto, prima di partecipare all’ennesima riunione tecnica.

“Le persone hanno tutte un’anima racing, qua come là, invece lo spirito che si respira fuori dal reparto corse è abbastanza diverso – si è limitato a commentare, incalzato su un paragone tra Ducati e Aprilia – Da Direttore Generale e Tecnico di Ducati Corse, mi occupo sia di MotoGP che di SBK. Anche quest’ultima rientra nei miei compiti, ed è una parte importante di Ducati. Stiamo cercando di massimizzare la sinergia tra le due realtà, che prima forse erano un po’ più distaccate”.

Quanto ha influito il tuo arrivo nella rinascita agonistica, evidente, tra MotoGP e SBK?

“Il gruppo conta sempre più dei singoli. In Ducati c’era tantissima tecnologia, anche prima del mio arrivo. Tecnicamente, e anche umanamente, Ducati aveva ed ha tantissime persone valide. L’organizzazione probabilmente non era il punto di forza del sistema, mentre ora, dal punto di vista del gruppo, credo che ci sia un’armonia, un modo unitario di vedere le cose, ed un accordo sulla direzione da seguire. Quello che si può fare con il gruppo supera di molto le capacità del singolo. Non è tanto importante spingere il singolo alla massima prestazione di sé, quanto portare al meglio il sistema”.

Anche questo, comunque, richiede molto impegno…

“Non è mai facile cambiare la filosofia delle persone, ma stiamo lavorando per avvicinare progressivamente queste due realtà. Il travaso di informazioni, poi, si ripercuote anche sul prodotto finale”.

La tua esperienza può portare ad una supersportiva che rompa la tradizione?

“Ducati storicamente fa moto bi-cilindriche. In futuro, chi lo sa (ride). Tuttavia, non essendo deputato alla produzione, faccio fatica a dare il mio contributo da questo punto di vista. È una domanda da fare a Forni o a Domenicali”.

Come procede lo sviluppo della Panigale?

“Il presente mi sembra abbastanza roseo. Voglio ricordare che nelle ultime quattro gare abbiamo fatto un primo e tre secondi. La Panigale è competitiva ed ampiamente in grado di lottare con, e mettersi alle spalle, le quattro cilindri. Sicuramente, la tecnologia sviluppata nel reparto corse verrà portata sulle moto di produzione.  Ducati è sempre stata molto attenta a questo. Il frutto del lavoro fatto recentemente nelle corse sarà visibile, tra non molto, sulle moto di serie”.

Come dividi il tuo tempo attualmente?

“Credo 70% alla MotoGP e 30% alla SBK. A me però interessa relativamente quanto di mio ci sia all’interno dei vari progetti, è più importante riuscire a raggiungere gli obiettivi che ci diamo. In SBK volevamo lottare per il titolo, cosa che stiamo facendo, mentre in MotoGP si parla di vincere almeno una gara. Non ci siamo ancora riusciti, ma siamo molto più vicini a questo obiettivo di quando l’ho detto alla presentazione del team. Allora in tanti probabilmente si sono messi a ridere, invece è un obiettivo realistico e raggiungibile”.

Sia in MotoGP che in SBK, Ducati schiera due piloti molto diversi sia come stile che come carattere. Come vivi questo contrasto?

“Sono contento della scelta dei piloti, da entrambe le parti. È importante avere stili di guida diversi, perché ti consentono di mettere a punto meglio una moto, offrendo una panoramica più ampia delle varie esigenze. Poi nasce uno stimolo reciproco per cercare di fare meglio ed imparare l’uno dall’altro, altra cosa fondamentale nelle corse”.

Restando in tema piloti, che ne pensi dell’inizio di stagione di Jonathan Rea?

“Lui è sicuramente uno dei talenti più grandi della SBK. Probabilmente era rimasto inespresso perché, lavorando sempre all’interno di una stessa ‘parrocchia’, non era riuscito ad esprimersi al meglio, dovendo confrontarsi con gli stessi limiti da parecchio tempo senza poter dimostrare tutto il proprio valore”.

foto www.costantinodidomenico.comLa tua opinione sugli ultimi cambi regolamentari in SBK?

“È importante mantenere sotto controllo i costi, soprattutto in SBK. I regolamenti dovevano chiaramente andare in questa direzione, e credo che stiano raggiungendo un asintoto che consenta di raggiungere una stabilità duratura nel tempo, almeno per qualche anno. Era ragionevole aspettarsi di arrivare a questo punto, prima o poi. Come ho sempre detto, è importante pensare bene ai regolamenti, magari anche pensandoci un anno o due in più, ma poi mantenerli costanti. Solo così si spende meno”.

Da lunedì proverete al Mugello per tre giorni. Solo MotoGP o anche SBK? E cosa proverete?

“Ci sarà anche la SBK con il test team. Con la MotoGP non ci saranno aggiornamenti di rilievo. Considera che abbiamo appena fatto la moto nuova, e sta andando abbastanza bene. L’anno scorso era obbligatorio prendersi più rischi e continuare a sviluppare. Ora è più importante consolidare, e andiamo al Mugello per preparare la gara di casa, che per noi è ovviamente molto importante”.

Anche perché, a ben vedere, la GP15 è ancora giovanissima…

“Sepang II è stato uno shakedown… Il primo giorno siamo andati con i limitatori più bassi. In Qatar abbiamo perso un giorno per pioggia. Di fatto, la GP15 ha solo tre giorni di test veri in carniere e siamo stati costretti a fare verifiche di setup durante i GP, e quando fai questo non sempre riesci portare a casa delle certezze perché le condizioni della pista spesso variano. Dobbiamo riconfermare, provando un po’ di cose che abbiamo introdotto ma delle quali non siamo certi dal punto di vista del risultato”.

Cosa manca per tornare a vincere?

“Abbiamo fatto tre secondi posti, lottando per vincere più di una volta. Non manca molto, solo qualche rifinitura. Il problema in staccata visto nei primi test lo abbiamo attenuato, anche se non è mai risolto perché si può sempre fare meglio. Ci resta da trovare più grip al posteriore, cosa che su qualche pista ci ha ostacolato”.

Per questo a Jerez, pista che storicamente offre poco grip, avete sofferto più del solito?

“Anche l’Argentina ci aveva messo in crisi al posteriore nel 2014, mentre quest’anno ci siamo difesi bene. Dovi ha fatto la maggior parte della gara con Valentino. Avevamo trovato un compromesso abbastanza buono, cosa che non siamo riusciti a fare a Jerez. Succede, quando sei costretto a fare degli esperimenti durante le gare. L’importante è saper riprendere la strada ‘di casa’”.

Almeno per i prossimi giorni, non serviranno navigatori: Borgo Panigale dista solo decine di chilometri dall’autodromo di Imola, e poco più dal Mugello.


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