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SBK, Top e Flop: Guintoli e Melandri

Aprilia chiude memorabilmente un ciclo in SBK, ma il finale è amaro per il ravennate

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Quando si parla di Superbike, per quanto riguarda la stagione appena conclusa, è difficile non menzionare Sylvain Guintoli. Campione a 32 anni, il francese ha vissuto una vera e propria seconda giovinezza nella sua seconda stagione con Aprilia, regalando alla Casa di Noale il suo terzo titolo piloti (al quale si aggiungono quattro allori nel campionato costruttori) dal 2009 e ribaltando un pronostico che, a tre gare dal termine, dava Tom Sykes come campione.

Una favola a lieto fine per lui e la Casa italiana, che nel primo anno del mandato di Romano Albesiano si è trovata a fronteggiare cambi epocali come la decisione di rientrare ufficialmente in MotoGP e la chiusura del team interno in SBK, riuscendo comunque a chiudere il cerchio nel migliore dei modi. Finale amaro invece per Marco Melandri, che al quarto anno in SBK e con la moto regina del campionato sembrava finalmente destinato a coronare il proprio sogno iridato, ed invece ha pagato a caro prezzo un’intesa sbocciata solo a metà campionato con la RSV4, con la beffa di veder trionfare il meno blasonato compagno di box e trovarsi anche a fronteggiare la difficile richiesta di aiutarlo. Destini incrociati, e beffardi.

IL TOP – Costanza e precisione. Sono questi i punti di forza di Guintoli, eroe “blue collar” (nonostante il matrimonio con l’erede di una delle 50 famiglie più ricche d’Inghilterra, l’affascinante e affabile Caroline) che meglio di chiunque altro rappresenta un esempio vivente di dedizione. Il duro lavoro compiuto in cinque stagioni in SBK ha dato i suoi frutti, ma è servita pazienza: il primo podio al secondo anno, la prima vittoria al terzo.

Nel 2013 sembrava che avesse raggiunto l’apice, creando non pochi grattacapi a Sykes e perdendo il titolo di vice-campione solo a causa di una rimonta furibonda di Laverty nelle ultime gare, e invece “Guinters” ha continuato a lavorare in sordina, lasciando spesso ad altri le luci della ribalta ma nel frattempo costruendo, un mattone dopo l’altro, le basi del proprio successo. Nel 2014 è stato l’unico tra i piloti di vertice ad andare sempre a punti (è caduto in gara ad Assen e Portimão sotto la pioggia, ma sempre senza danneggiare gravemente sé stesso o la moto). Guai però a chiamarlo ragioniere. Dopo Laguna Seca, i punti da recuperare a Sykes erano 44, e Guintoli ha rotto ogni indugio attaccando l’allora campione in carica su tutti i fronti. Ha dovuto rischiare, ma lo ha preceduto in ogni singola occasione. Non solo, ma ha anche nascosto il meglio per il gran finale.

Complice anche un calendario azzoppato che ha leggermente favorito chi – leggi Aprilia – era stato più penalizzato dal limite al numero di motori utilizzabili in una stagione, tra Jerez, Magny Cours e Losail la RSV4 ha preso il volo. In Qatar, i bookmakers davano Melandri per vincitore e Guintoli e Sykes alla pari per il titolo (nonostante i 12 punti di distacco in classifica), ma il francese ha ribaltato ogni pronostico, vincendo entrambe le gare per distacco – la sua prima doppietta in carriera – e laureandosi campione. Anche di umanità.

IL FLOP – Alla vigilia del campionato, il binomio Melandri-Aprilia pareva destinato a fare faville. Moto e pilota italiani, entrambi dalle qualità indiscusse, alla riscossa dopo il ritiro di Biaggi. Ma, si sa, la pratica spesso contraddice la teoria. “Macio” e la RSV4 non trovano da subito l’intesa necessaria. Due podi nelle prime dieci gare, condite da alcuni momenti di tensione, costituiscono un bottino ben al di sotto delle aspettative (di tutti). Colpa, si dice, di stili diversi: Melandri, contrariamente ai suoi predecessori e compagni di marca, guida con l’anteriore. In Malesia, però, arriva la svolta. Due vittorie, seguite due terzi posti a Misano, rilanciano le quotazioni di Melandri.

Peccato che sia troppo tardi. I punti da recuperare in sei gare sono 54. Una missione difficile, se non impossibile. La sfortuna, poi, ci mette del suo. A Portimão la pioggia bagna le polveri di Sykes in Gara 2, ma Guintoli centra inavvertitamente il ravennate quando la vittoria pareva una questione privata e lo costringe al ritiro. Nei box tira un’aria pesante, e già ci si domanda se eventuali ordini di scuderia venissero rispettati o meno.

Con le spalle al muro però, come spesso accade, Melandri dà il meglio di sé. Vince a Laguna Seca (dove una piccola sbavatura gli nega la doppietta) e domina in Spagna ed in Francia, dove fa la voce grossa disobbedendo ai cartelli esposti dai box nella seconda manche. In Qatar è lui il favorito, nonché il probabile ago della bilancia, ma misteriosamente scompare dal radar. Mai a suo agio, è costretto ad affrontare la Superpole 1. In gara chiude ottavo e quarto, mentre il suo compagno di squadra fa (meritatamente) festa sotto le luci del deserto. Per “Macio” è pronta la MotoGP made in Noale, ma c’è da scommettere il titolo mancato in SBK (dove è il secondo italiano più vincente con 19 vittorie, due in meno di Biaggi) abbia lasciato un’altra cicatrice sul suo corpo temprato dalle avversità. Molto probabilmente proverà a cancellarla nel 2016 con Yamaha. Ma questa storia deve ancora essere scritta…

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