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MotoGP, Marquez: perdere può essere un sollievo

"Prima metà della stagione incredibile, ma dopo Brno le cose sono tornate alla normalità"

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Ripensando alla stagione appena conclusa, riesce difficile immaginare come Marc Marquez possa migliorarsi ancora. Nel 2014, lo spagnolo ha vinto 13 gare (su 18, l’ennesimo record della sua carriera) e conquistato il suo quarto titolo mondiale a soli 21 anni di età. Gli avversari hanno provato in tutti i modi a contrastarlo, ma Marquez ha potuto comodamente gestire il vantaggio accumulato nella prima metà del campionato grazie a dieci vittorie consecutive, concedendosi anche qualche errore che se non altro ce lo restituisce come un essere umano. In attesa di nuove imprese, il pilota Honda ha fatto il punto sul campionato.

“Il successo non nasce da una cosa sola – ha dichiarato – Deriva dalla moto, dalla squadra, e dal mio stato di forma. Anche i circuiti nella prima metà della stagione erano più adatti al mio stile di guida rispetto a quelli su cui abbiamo corso dopo. Tutto è andato alla perfezione nella prima metà del calendario. È stato perfetto, qualsiasi cosa provassi funzionava, e ogni cosa ha giocato a nostro favore”.

In molti si aspettavano che Jorge Lorenzo avrebbe fatto da principale antagonista a Marquez, invece è stato Rossi ad aggiudicarsi il secondo posto in campionato e lottare più spesso con il catalano per il gradino più alto del podio.

“Quando chi è considerato il tuo rivale principale non è al 100%, e vedi che fa fatica, devi trarne il massimo vantaggio. Perché dentro di te sai che tornerà e sarà ancora più forte, cosa che Jorge ha fatto nella seconda metà del campionato. Ma avevo già un buon vantaggio, avendo appunto capitalizzato sulla prima metà della stagione, e quindi l’ho potuto gestire”.

Il dominio di Marquez nella prima metà della stagione ha anche creato una situazione imbarazzante per lo stesso pilota.

“Nelle conferenze stampa, tutti facevano agli altri piloti la stessa domanda: ‘cosa devi fare per battere Marquez’. La cosa mi metteva un po’ a disagio, perché da pilota so come ci si sente quando ti chiedono dei tuoi rivali piuttosto che farti domande su di te. Se sono una o due domande va bene, ma se tutta l’intervista è sul tuo rivale è diverso. Ero preoccupato che anche i piloti con cui vado più d’accordo finissero per odiarmi (ride)”.

La serie di vittorie consecutive, alla lunga, ha rappresentato un fardello.

“Più vinci, più sei in vantaggio. Era una sensazione strana, perché la pressione teoricamente dovrebbe diminuire e non devi prendere più tanti rischi, invece per me era aumentata perché ognuno aspettava che io commettessi un errore. Sentivo che, nel giorno in cui non avrei vinto, sarebbe stata una grande notizia. Quando ho chiuso quarto a Brno, è stato un grande sollievo. Nessuno avrebbe più parlato della possibilità che io vincessi tutte le gare, le cose sarebbero tornate alla normalità, ed avrei potuto tornare a concentrarmi esclusivamente su me stesso”.

Oltre ad un lieve quanto naturale calo da parte di Marquez, c’è stata anche un’indubbia crescita da parte di Yamaha nell’arco della stagione.

“Dopo la pausa estiva, in Yamaha hanno chiaramente trovato qualcosa nei test di Brno, ed il campionato si è fatto più combattuto. Ho dovuto prendere più rischi, ma visto il margine in classifica mi sentivo di farlo e provare anche tattiche differenti. A Misano, per esempio, ho provato a lottare per la vittoria nonostante un secondo o terzo posto fossero risultati più realistici. Ho sbagliato, così come ad Aragon. Allora mi sono detto di concentrarmi sul titolo e non prendermi rischi prima di averlo messo in cassaforte”.

Se lo scorso anno vincere all’esordio in MotoGP fu una sorpresa, in questa stagione Marquez partiva da favorito. Come è normale che sia, la vittoria ha avuto un gusto diverso.

“Questo titolo me lo aspettavo dopo un inizio di campionato del genere. Salvo imprevisti, sapevo che avremmo vinto. A Motegi ero molto emozionato, ma non come quando l’ho vinto a Valencia all’ultimo giro lo scorso anno”.

In compenso, Marquez si è emozionato molto per i mondiali vinti da Tito Rabat ed il fratellino Alex, suoi compagni d’allenamento su sterrato a Rufea.

“Nessuno se lo merita più di Tito, perché ha lavorato durissimo anno dopo anno ed anche oggi si allena molto più di me. Quando poi ha vinto anche Alex, credo che fossi più emozionato di lui. Quando eravamo piccoli, ogni tanto non voleva allenarsi in moto, e nessuno lo ha mai forzato. Ora ha più voglia di stare in sella di me. Si è fatto un nome da sé, vincendo meritatamente, e credo che ora la sua autostima sia aumentata molto”.

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