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MotoGP, Petrucci: Ducati? La mia prima moto da corsa

Il ternano stupisce tra debutti e cambi di casacca. Miller: “Derapare? Come fare sesso coi pantaloni addosso”

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Al termine dei test della MotoGP a Valencia, il derby tra debuttanti e chi ha semplicemente cambiato moto si è chiuso abbastanza nettamente a favore dei secondi (che partivano comunque da favoriti), ma non sono mancate le sorprese.

Una su tutte, il nono tempo nella classifica combinata di Danilo Petrucci, a soli sette decimi da Marquez alla sua prima uscita da pilota Ducati nel box del team Pramac.

“Ho fatto un bel tempo, effettuando due uscite con la gomma morbida sul finale – ha analizzato il ternano – Prima ho faticato con la dura, coprendo il doppio della distanza di gara perché comunque volevo capire come guidare una moto così potente. Non sono abituato, devo cambiare molto lo stile. Vado bene in frenata, ma prendo il gas in mano troppo presto, a moto ancora troppo piegata. Devo alzare più velocemente la moto. Prima non era un problema perché avevo una moto meno potente”.

Ad eccezione di qualche sporadica apparizione ai piani alti in turni bagnati, Petrucci non era certo un frequentatore abituale della Top 10. Quello che conta sono le gare, ma il suo debutto su moto “factory” è stato senza dubbio incoraggiante.

“Sono stato il più veloce su Ducati in questi ultimi giorni quindi vado in vacanza felice, anche se mancavano i due ufficiali che hanno sicuramente più esperienza e sono molto veloci – ha aggiunto Petrucci – Non mi ero posto obiettivi particolari, non essendo mai stato in mezzo ai piloti che vanno forte. Comunque sarà più difficile sulla distanza di gara. Non vedo l’ora di andare a Sepang, una pista dove ho sempre faticato, perché per la prima volta potrò confrontare i miei dati con quelli dei miei compagni”.

Dopo anni di purgatorio tra le CRT-Open, Petrucci sembra finalmente pronto ad iniziare la scalata verso il proprio paradiso personale.

“La cosa più divertente è che ti sembra di andare piano ma non è così, e poi il cambio è impressionante. Sembra una macchina automatica, in uscita dall’ultima curva era come avere il turbo. Anche in staccata, nonostante arrivi più veloce, puoi frenare più tardi. Questa è di fatto la prima moto da corsa che guido, perché le CRT erano più lente anche di una SBK”.

Da non sottovalutare anche il potenziale di Cal Crutchlow, che si è adattato molto rapidamente alla Honda RC213V datagli in dote dal team LCR. Il britannico, a otto decimi da Marquez, ha impiegato l’ultima sessione a giocare con gli assetti.

“Abbiamo fatto molti esperimenti, e sono stato abbastanza costante – ha raccontato – Sono stato circa mezzo secondo più lento del mio tempo ideale, ma sappiamo esattamente dove guadagnare. Mi sono concentrato specificamente su alcune parti della pista ad ogni uscita, usando mappe differenti e modificando la ciclistica. Quindi mettere insieme un giro perfetto era difficile".

Al contempo, il britannico ha sta cercando di mettere la sua esperienza al servizio della Casa.

“In Honda stanno ascoltando i miei commenti dal momento che ho provato due moto diverse nelle ultime stagioni. La moto è molto competitiva in frenata. Ci manca un po’ di grip al posteriore. Nakamoto ha ragione quando dice che bisogna imparare dalla Yamaha in termini di facilità di guida, ma ciascuna moto ha i suoi punti di forza, ed è normale che cerchi di rafforzare quelli deboli guardando alla concorrenza. Ogni moto ha un carattere specifico, è anche questo che rende le corse interessanti”.

Che dire poi del decimo tempo (+1.000) di Aleix Espargaró sulla Suzuki? La gomma morbida lo ha senza dubbio aiutato, ma lo spagnolo ci ha messo del suo, trovando un ritmo di 1’32 e mezzo. Alla moto di Hamamatsu manca innanzitutto potenza, come testimoniano i 20 km/h in meno sul dritto rispetto a Marquez.

Tutti sopra i due secondi di distacco i piloti debuttanti in classe regina, come era lecito aspettarsi. Il primo della classe è stato Maverick Viñales, ventunesimo a + 2.243. Tempi simili per Eugene Laverty e Loris Baz, rispettivamente ventiquattresimo e venticinquesimo. Curiosamente, l’ex-pilota Suzuki ha offerto un commento “controcorrente” sulle gomme Bridgestone, solitamente temute per la durezza della loro carcassa.

“L’anteriore si schiacciava troppo – ha osservato LavertyGuardando i dati, mi sono accorto di frenare più tardi degli altri. Comunque ho girato quasi sempre col serbatoio pieno per abituarmi, e piano piano sto riuscendo a controllare meglio la moto col gas. Ora ho tutto il tempo per studiare i dati e capire come migliorare ancora”.

Jack Miller, invece, ha offerto un bilancio più “colorito” al termine dei suoi primi tre giorni su una MotoGP.

“È la sensazione più esotica che abbia mai provato, come fare sesso con i pantaloni addosso – ha esclamato ridendo l’australiano, penultimo a + 2.773 – Ad ogni uscita sono più a mio agio, e riesco gradualmente ad usare il posteriore per farla girare. Uscire dal curvone con la moto piegata come una banana è un sogno. Sto facendo meglio di quanto mi aspettassi, ed è sicuramente un bonus”.

Anche perché Miller ha girato praticamente sempre senza aiuti elettronici.

“Non ho modificato il TC e l’anti-impennamento dalla mia prima uscita – ha raccontato – Oggi ho provato a chiedere qualche modifica mi hanno detto ‘no figlio mio, hai ancora parecchie cose da imparare prima di metter mano a quello’. Sono stati due giorni molto produttivi, e a Sepang spero di arrivare al punto di usare l’elettronica. Sto imparando un passo alla volta, e la squadra e Honda non mi stanno mettendo pressioni. Non posso che ringraziarli per l’opportunità”.


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