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SBK, EBR, tutto tace sul fronte Superbike

Il team manager Bardi: "Ancora nessuna comunicazione, difficile che si riescano a fare le cose in tempo"


Nessuna gita sul podio a due manche dal termine della stagione, e zero punti all’attivo con i piloti ufficiali Geoff May ed Aaron Yates (due punti raccolti dalla wild-card Larry Pegram a Laguna Seca), questo è il magro bilancio di EBR e della sua 1190 RX al debutto in SBK.

Il design originale e controcorrente, come quasi sempre nella storia di Erik Buell, della bi-cilindrica del Wisconsin (con, per fare un esempio, freni perimetrali e un telaio che funge anche da serbatoio) non si è infatti tradotto nei risultati sperati per il marchio americano di proprietà dell’indiana Hero Motocorp.

Per risolvere i problemi di potenza del bi-cilindrico – che pagava mediamente 30 km/h in rettilineo ad inizio stagione – è stata messa a repentaglio l’affidabilità, come dimostrano i nove motori già resi inutilizzabili da May, ai quali vanno aggiunti i cinque di Yates. Da non sottovalutare poi le problematiche relative alla distanza geografica. La roccaforte della SBK è l’Europa e la logistica è stata affidata a Martini Corse, con sede a Verdello, ma lo sviluppo va comunque portato avanti negli Stati Uniti, con tutte le difficoltà logistiche del caso.

Il piano originale prevede un impegno di tre anni in classe regina ma, alla luce delle difficoltà, la Casa potrebbe decidere di tornare a concentrarsi esclusivamente sul campionato AMA, peraltro preso in gestione da Wayne Rainey con l’intento di riportarlo agli antichi fasti.

“Al momento non mi hanno ancora detto niente, ma a meno che non ci siano dei piani segreti, faccio fatica a pensare che si possano fare le cose in tempo – ha detto il team manager Giulio Bardi – Avremmo già dovuto metterci d’accordo con gli altri team per fare i test post-stagione, ed anche con i piloti e meccanici. A meno che Buell non voglia fare tutto al 100% americano…”

Nel caso EBR desse forfait, anche la struttura gestita da Bardi rischia di abbassare le serrande.

“Noi abbiamo un officina, camion, l’hospitality. Abbiamo preso contatti con Ducati, ma non siamo arrivati ad avere un piano. Anche con MV sarebbe stato fantastico, ma non c’è stato un vero e proprio dialogo perché preferiscono gestire tutto internamente”.

Come sempre, uno sponsor può ribaltare la situazione. Pare che, nel caso di Bardi, il cosiddetto miracolo stesse per compiersi.

“Stiamo cercando fondi per andare avanti, ma penso che in Superbike sia impossibile – ha raccontato Bardi – Con Aruba avevo qualcosa di più che buoni contatti, ma poi sono andati con Ducati. Non sto a puntare il dito, non è il mio stile, ma il mondo delle corse è cambiato molto, sono tutti un po’ in crisi.  Il problema più grosso è che le Case cercano di tirarsi fuori, o non partecipare come prima, quindi avere aiuti per il materiale è possibile, ma i costi di gestione della Superbike sono proibitivi”.

A questo proposito, il manager ha una visione chiara.

“Il problema di fondo è come vengono gestite le cose, o come non vengono gestite. Se a un certo punto si varano regolamenti che danno più importanza i team, per tenere alto il livello del campionato ai team serve un aiuto economico. Se il promoter non aiuta a gestire la sopravvivenza dei team, non ha senso fare un regolamento più diretto a mandare via le Case, che al momento stanno supportando il campionato. Le Case sentono questo non coinvolgimento del promoter. In tre anni, sono cambiati tre volte i regolamenti. La prima legge di abbassare i costi è quella della stabilità dei regolamenti, lo dicono tutti “.

Per EBR, la Superbike ha assunto contorni più simili ad una palude che una terra promessa. Eppure l'attuale stallo si potrebbe sbloccare, la liquidità non sembra in questo caso rappresentare un problema. Spendere e investire sono però due cose ben diverse.

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