Tu sei qui

Galluzzi: l'ultima moto l'ho fatta con Skype

Intervista con il designer papà del Ducati Monster, della Cagiva Raptor e di tutte le ultime Aprilia e Moto Guzzi

Moto - News: Galluzzi: l'ultima moto l'ho fatta con Skype

Share


“Se lo pronunci velocemente, il suono ricorda quello della parola italiana pazzi”, ride l’omone davanti a noi seduto davanti a un finestrone che dà sul centro di Pasadena. Più di un metro e novanta di altezza, un ciuffo di capelli grigi che gli cade continuamente sugli occhi. È Miguel Galluzzi, il papà del Ducati Monster, della Cagiva Raptor, di tutte le ultime nate di Aprilia e Moto Guzzi.

Ha aperto le porte del suo regno, il PadC – Piaggio Adavanced Design Center, il ‘pazzi’ di prima – dove lavorano quattro persone. “Non mi piace quel termine, non hanno orari fissi. Sono completamente liberi”.

PASADENA, CAPUT MUNDI - Galluzzi è un designer atipico, quando parla in inglese sceglie con cura le parole e per rendere meglio il senso di un termine passa spesso all’italiano. Sembra un filosofo, più interessato all’idea di moto e che alla sua parte concreta. All’apparenza, perché quando prende la matita in mano tira fuori delle piccole opere d’arte.

Impossibile intervistarlo, meglio dargli degli spunti e lasciare che il suo sogno prenda forma. “Questa strada è stata il centro di molte cose negli ultimi venticinque anni – guarda in basso, dal loft che gli fa da ufficio – Ieri ero seduto in un bar a bere una birra e c’erano tre ragazzi. Uno aveva delle scarpe con delle piccole ruote e un motore, uno lo filmava e l’altro dirigeva le operazione. È per questo che ho scelto questo posto, per il suo spirito, gli spunti che offre”.

Galluzzi sa che il mondo sta cambiando e le aziende di moto devono farlo a loro volta. Voleva un osservatorio privilegiato per cogliere e anticipare le tendenze, lo ha trovato in Pasadena. “C’è tutta una sottocultura nata negli ultimi anni – continua – Sono giovani che vogliono che amano le moto e prendono mezzi vecchi per poche centinaia di dollari, poi li trasformano”. Sa che le due ruote sono una passione, qualcosa di completamente superfluo eppure desiderato da tutti, per quello che rappresentano. Però sa anche che il mondo della moto ha preso strade che non lo stanno portando da nessuna parte.

“Dobbiamo pensare fuori dalla scatola e qui abbiamo la possibilità di farlo – continua – Per i prossimi modelli ho preso l’ispirazione semplicemente camminando per strada, parlando con la gente, guardando intorno. C’è l’aspetto romantico e poi quello pratico, che si intersecano in strani modi. A cosa servono moto con più di 150 cavalli? Nessuno ne ha bisogno eppure in passato le vendevano.

Qual è la parola d’ordine per il futuro? Semplicità. So che vuole dire tutto e niente, ma penso sia la parola chiave. Dobbiamo smettere di creare prodotti a cui nessuno importa, con Moto Guzzi abbiamo un piano decennale e tante di idee da realizzare”.

STORIA E TECNOLOGIA - Idee che nascono in California, si confrontano con l’Italia e vengono sparate nel mondo. “Sapete come ho fatto la mia ultima moto? Con Skype – Galluzzi sottolinea come la tecnologia si un mezzo vincente – Ho spedito i disegni in Italia, loro hanno realizzato i pezzi e io li ho controllati con una telecamera ad alta definizione. I software di modellazione 3D permettono di risparmiare tempo e denaro, oltre a costringere i designer a pensare al tutto e non solo a una parte per volta. Le stampanti 3D accelereranno ulteriormente questo processo”.

La tecnologia permette di pensare una moto in ogni parte del mondo e – cosa importante – farlo velocemente, perché le mode si evolvono molto velocemente e le novità invecchiano presto. Second Galluzzi, “i gusti della gente si stanno in qualche modo uniformando” perché ormai la comunicazione è globale e immediata, anche grazie ai social network. “Non ha più senso produrre modelli per un solo mercato, la gente si veste allo stesso modo qui e a Hanoi”. Questo però non significa che la storia di un marchio, come può essere Moto Guzzi, sia inutile.

“Anzi, è l’aspetto più importante. L’ultima volta che sono stato a Bangkok ho visto delle persone guidare un Monster, come se fossi a Milano, con le stesse scarpe, le stesse giacche. Ho conosciuto una ragazza a Monterey, non sapeva nulla di motori ma dell’Italia conosceva Ferrari e Ducati. Noi abbiamo questo valore e dobbiamo lavorarci sopra perché in Italia non lo si comprende a pieno”.

MOTOGP? MEGLIO DI NO - Il pensiero laterale di Galluzzi sarebbe il benvenuto anche nelle competizioni, dove ormai tutti i costruttori battono ormai le stesse strade. Il condizionale è d’obbligo, perché il designer non è molto ottimista in quel senso. “Le moto sono disegnate in galleria del vento – spiega – per questo hanno tutte forme molto simili. Inoltre sono fatte per i piloti a cui solitamente le grandi innovazioni non piacciono. Basta ricordarsi la Elf negli anni Novanta. Forse era un progetto vincente, ma non piaceva ai piloti. Loro vogliono quello che hanno i migliori, non sono interessati in strade alternative”.

Dovremo accontentarci dei modelli di serie. L’argentino assicura di avere molti progetti nel cassetto ma sa che la suspense è tutto. Bisognerà attendere e dal cappello uscirà la moto del futuro.

__

Articoli che potrebbero interessarti