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SBK, Sykes: la nuova Superbike non mi piace più

"Non sono d'accordo con un ritorno verso la stock. La MotoGP? Mi incuriosisce"

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Da buon inglese, Tom Sykes è un leone, ma di quelli silenziosi. Nessun ruggito, ma passi felpati e silenziosi verso la preda, "eyes on the prize" come si direbbe nella lingua di Albione. A Misano, nonostante polso destro e gambe malconce dopo il malcapitato incidente a Sepang, il campione in carica si è difeso al meglio nelle prime due sessioni di prove libere, conquistando un secondo posto (+0.127) a denti stretti.

"Sono relativamente contento dei progressi fatti oggi – ha commentato Sykes – Abbiamo riscontrato un miglioramento, ma ci restano dei limiti con cui fare i conti". Il riferimento è, ovviamente, al polso destro danneggiato in Gara1 in Malesia in seguito alla carambola innescata dal compagno di squadra Loris Baz. "Nel T2, dove si frena forte, perdo ancora qualcosa. Credo che le condizioni del polso e della mano mi costino attualmente 3 o 4 decimi. Quando stacco forte sento molto dolore, ma stringerò i denti. Sono della vecchia scuola, non mi piace prendere anti-dolorifici".

Nelle due settimane (scarse) di pausa tra un round e l'altro, Sykes si è sottoposto a visite mediche a Barcellona ed in Irlanda, dove ha visto un'osteopata di fiducia. Neanche il tempo di effettuare un po' di terapia laser, che però si è dovuto rimettere in viaggio alla volta dell'Italia.

"È un vero peccato quanto è accaduto – ha aggiunto, con lo sguardo rivolto verso il basso – Ma è fuori dal mio controllo. È stato un disastro di grandi proporzioni, sia per me che per la Kawasaki, che ha perso punti preziosi sia nella classifica piloti che in quella costruttori. Ma non ho intenzione di sprecare ulteriori energie soffermandomi sull'incidente. Sono una persona schietta, ho già detto quanto volevo dire alla squadra".

Essendo in scadenza di contratto, come Baz, viene da domandarsi se Sykes abbia cercato di imporre un qualche tipo di ultimatum al team. Lui schiva l'argomento come un avversario in traiettoria, dicendo che "la priorità sarebbe rinnovare con la squadra attuale. Ho fatto presenti le mie richieste al team manager, ma non so se abbiano raggiunto i vertici in Giappone. Altri hanno mostrato interesse nei miei confronti, anche in MotoGP, ma si tratta solo di contatti preliminari".

Non è difficile immaginarsi chi abbia approcciato il dinoccolato campione, facendo qualche calcolo. Come Rea prima di lui, anche Sykes ha però ribadito la volontà di compiere l'eventuale salto di categoria solo su una moto ufficiale (e competitiva) a disposizione. "Ho fiducia nelle mie capacità, e so che i primi quattro nel motomondiale sono ad un livello molto alto – ha detto – Sarei curioso di misurarmi contro di loro. Ho sempre voluto provare a fare il salto, ma dovrebbe essere con moto e squadra giuste. Non voglio pensarci adesso. Ho una missione da compiere qui. Se fai bene il tuo lavoro, il resto viene da sé".

Forse, ad allontanarlo dalle derivate di serie, non sarà però un compagno di squadra garibaldino e ingombrante quanto il nuovo regolamento, che parte dai presupposti della EVO per ridurre ulteriormente il livello tecnico (e, con esso, i costi) della serie.

"Non sono d'accordo con la piega che hanno preso le regole. Stanno virando chiaramente verso la stock, mentre io ho lavorato duro tutta la vita per arrivare in Superbike, mentre ora i cambiamenti che potremo fare sulle moto sono minimi. Sono quasi corse per negati…"

Sykes e la sua squadra invece hanno "lavorato tre anni per portare la ZX10-R dove è ora, partendo da zero. Ora la moto è competitiva non solo in SBK, ma anche nel campionato inglese e nella stock. Sono orgoglioso di essere parte di questo progetto. La moto ha un rendimento costante, ed io sono un professionista. Credo di aver offerto commenti sensati, che sono stati tramutati in una moto vincente da un team di livello".

Unico neo, la minore competitività in qualifica rispetto all'anno passato. "Lo sviluppo invernale si è basato sul rendimento sulla lunga distanza. È impossibile trovare un setup perfetto, ma scambierei volentieri il soprannome di Mr. Superpole per vittorie e titoli mondiali (ride). La pole position non ti garantisce la vittoria, l'ho dimostrato a Donington, rimontando dal decimo posto, peraltro con sorpassi puliti. Quest'anno, senza bandiere rosse ed altri inconvenienti, molto probabilmente avrei già sei vittorie in saccoccia in confronto alle nove totali dello scorso anno. Ho già perso 43 punti a causa di altri piloti…"

Messaggio inviato, a destinatari precisi. Ma quelli più urgenti sono destinati a domenica, dove le temperature nei box dipinti di verde rischiano di superare quelle in pista. Il leone inglese ha marcato il territorio. C'è spazio per tutti, ma non stuzzicatelo nella sua tana…


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