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SBK, Baz: sogno MotoGP, sulle orme di Capirossi

"Il nome Loris viene da lui. Rivalità nei box con Sykes? Forse gli ho messo un po' più pressione"

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A partire dall'altezza – superiore al metro e novanta – passando per il fisico roccioso, Loris Baz potrebbe essere più facilmente scambiato per un giocatore di basket piuttosto che un pilota. L'apparenza però, si sa, spesso inganna. Il 21enne compagno di Tom Sykes su Kawasaki, nelle quattro gare fin qui disputate, ha centrato tre secondi posti consecutivi. Secondo in campionato a soli quattro punti da Sykes, fin qui è lui la sorpresa dell'anno. Il suo attacco allo status quo non è un bluff.

"Siamo molto vicini ad ottenere il massimo dalla moto, anche se puoi sempre migliorare", ha raccontato il transalpino ad Assen. "La Ninja va davvero forte. Ho molta fiducia in me stesso. L'avevo già prima che cominciasse il campionato. Ora, con tre podi consecutivi, ne ho ancora di più. Aragon, per esempio, è sempre stata una pista ostica per me, ma ho fatto la mia miglior qualifica di sempre (fu secondo, nda) e corso costantemente al vertice".

Che cosa è cambiato rispetto all'anno passato?

"All'inizio dello scorso anno, sapevo che sarebbe stata dura ma avrei potuto fare qualche podio nelle mie piste preferite, come Assen. Ma in 50-60% delle altre piste sarebbe stato difficile. Primo, perché le mie piste preferite erano in fondo al calendario, e poi perché stavamo aspettando alcune parti per adattare la moto alle mie esigenze. Piccole componenti che però fanno una grande differenza".

E poi è arrivato l'incidente al Nürburgring durante il WUP…

"L'infortunio mi ha rallentato, indubbiamente. Mi sono fratturato una vertebra, quando sono sicuro che avrei potuto fare un'ottima gara. In Germania eravamo veramente competitivi. Però, al rientro durante i test invernali ho trovato una squadra ancora più motivata. Lo ero anch'io, perché sono rimasto fermo mentre il mio compagno di squadra ha vinto il titolo. Anche le mie sensazioni in sella non erano cambiate, quindi ho ripreso fiducia in fretta".

Che aria si respira all'interno del team?

"Ottima. Abbiamo cominciato subito a lavorare duramente per questa stagione. Il fatto che Tom abbia vinto il titolo, ha dato a tutti una spinta in più. Da compagno di squadra, vuoi fare lo stesso. La mentalità di tutta la squadra, dal primo all'ultimo, è molto positiva".

In Australia sei arrivato davanti al tuo compagno di squadra in entrambe le gare. Ad Aragon lo hai tenuto sulle spine più di chiunque altro. Dall'esterno, il vostro sembra uno scontro anche sul piano degli stili di guida…

"È vero, l'elettronica e l'assetto delle nostre moto sono diversi anche per un occhio inesperto, così come il comportamento della moto in generale. Peccato non essermela giocata con lui fino in fondo in Spagna. Nella 'esse' che conduce al lungo rettilineo, perdevo troppo. Anche se staccavo più profondo non riuscivo a recuperare. Tom è molto bravo a difendersi. Anche in altre curve frenavo più forte e più tardi, ma non è stato possibile passarlo. Comunque anche Melandri ha dato battaglia, eravamo tutti al limite nell'ultimo giro, dalla prima all'ultima curva".

Sykes in Australia ti ha accusato di alcune mosse al limite. Che impatto hanno avuto i tuoi progressi sui vostri rapporti?

"La relazione con Tom è normale. Non siamo mai stati grandi amici, ma parliamo costantemente per confrontarci su come migliorare la moto. Non ho alcun problema con lui e credo che lui non abbia grossi problemi con me. In Australia si è arrabbiato perché gli sono arrivato davanti, ma non c'è altro. In Kawasaki è stato il numero uno indiscusso per molto tempo, quindi forse gli ho messo un po' più pressione. Comunque non voglio battere lui in particolare, devo battere tutti. Con lui però, da compagno di squadra, cerco sempre di fare un sorpasso pulito e non pericoloso, pensando alla squadra".

Sei, insieme forse a Camier, il pilota più alto in pista. Come ha influenzato lo stile di guida il tuo fisico?

"Da quando sono bambino, tutti mi dicono che non posso fare il pilota perché sono troppo alto ed è uno svantaggio. È vero sotto alcuni aspetti, ma puoi anche trovare lati positivi. Riesci a giocare più facilmente con gli spostamenti di peso, staccare un po' più profondo, trovare più aderenza, ma distruggi anche le gomme più in fretta. Non mi sento svantaggiato".

Dove hai mosso i tuoi primi passi da pilota?

"Ho corso in Spagna contro Maverick e Isaac Viñales, Pol Espargaró, Tito Rabat, Scott Redding e Marc Marquez. Poi però sono entrato nel mondo delle derivate di serie perché ero molto alto. Da francese, inoltre, credo mi sarebbe stato difficile entrare in 125 in un team competitivo. Il mio allenatore mi ha consigliato di correre con le 600, e da subito mi sono trovato a mio agio. Dal 2007 ho fatto progressi costanti, ora sono nel miglior team della SBK e su una delle moto migliori e secondo in campionato. Se fossi andato in 125, sono sicuro che sarei a casa a lavorare".

Hai avuto idoli particolari crescendo?

"Capirossi. I miei mi hanno chiamato Loris per lui. Ho sempre corso con il suo numero, il 65, fino ad arrivare in SBK. Qui era già preso da Rea. Allora ho tenuto il 6, e ci ho messo davanti il sette, che in passato mi ha portato fortuna".

Ti piacerebbe fare il salto nel motomondiale?

"Sì, mentirei se dicessi che non è il sogno di ogni pilota. Altri, come Spies e Crutchlow, hanno dimostrato che è possibile arrivare in MotoGP da questo campionato ed essere competitivi. Ma ho ancora molto da fare in SBK. Non sento pressione, so che la vittoria arriverà. Devo solo essere costante e giocarmi le mie carte al meglio. Ora mi sento molto a mio agio, non devo spingere al limite per essere veloce. Ad Assen sono salito sul podio lo scorso anno, e mi piace veramente guidare qui, dovrebbe essere un buon fine settimana per noi".

La crociata di questo "templare" per la gloria iridata è appena cominciata. Gli avversari, in particolare quelli d'oltremanica, sono avvertiti.


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