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SBK, Superbike: il pilota 2.0 è anche manager

Capacità imprenditoriale aspetto chiave delle corse. Ne parlano Scassa (SBK EVO) e Menghi (WSS)

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Con una crisi economica che stenta a lasciare l'Europa e ancor meno il mercato delle moto sportive, il pilota moderno non può limitarsi alla ricerca del limite in sella. Ad eccezione di pochi eletti che si contano sulle dita di una mano (vedi Rossi, Marquez, Lorenzo, etc.), tutti gli altri devono imparare a gestire gli aspetti che esulano dalla pista ma non dalle corse. Uno su tutti: la ricerca (e quadratura) del budget.

I romantici da "amarcord" amano raccontare di quando guidavano il camion ai Gran Premi, dormivano in tenda, e lavorano sulle rispettive moto assieme ai meccanici, tra una macchia d'olio e una sigaretta. I pragmatici di oggi, invece, più spesso si destreggiano tra fatture, ordini e colloqui con banche e sponsor. È il caso di Luca Scassa (SBK EVO con Pedercini) e Fabio Menghi (WSS con VFT).

"Ma lo faceva anche Denis Sacchetti", ha prontamente ricordato l'aretino, che schiera una squadra nel CIV. "Io ho cominciato nel 2013. Ho un'officina con mio padre ad Arezzo (chiamata Punto Moto), ed il team che gestisco ora era quello con cui ho corso in passato. All'inizio eravamo io, mio padre, e la cassetta degli attrezzi".

"Con la nostra squadra ho vinto il CIV nelle categorie Stock 600 e 1000, e nel 2008 ho anche corso contro di loro, quando vinsi il campionato italiano Superbike con MV Agusta – racconta Scassa con un sorriso – Lo scorso anno abbiamo ricominciato a collaborare con loro, schierando la F3. Ora ho un pilota, Francesco Cavalli, nel CIV e altri ragazzi che corrono nella Coppa Italia, Trofeo Bridgestone, RR Cup, etc".

Percorso simile per Fabio Menghi, romagnolo che, come molti dei suoi conterranei, ha "ereditato" la passione dei motori. Con il team VFT (lanciato dal padre Valerio), Menghi gestisce gli ordini ed i contatti con gli sponsor, si occupa in prima persona di molti dei contratti, e segue anche la contabilità.

"Il livello dei piloti nel panorama italiano è altissimo", osserva. "Una volta, se prendevi un secondo in mezzo in qualifica, eri quinto. Ora sei ventesimo. Il resto della selezione naturale la fanno i soldi. Chi ha capacità gestionali va avanti, mentre se hai bisogno di aiuti, nessuno te li dà gratis".

Per Menghi, laureato in ingegneria meccanica, l'esperienza manageriale nasce da quella che spesso si rivela la miglior scuola: il campo. "Do una mano con la contabilità da quando ho 15 anni e correva mio fratello maggiore. Se ho imparato a gestire queste cose è soprattutto grazie a mio padre, che ci ha sempre detto di arrangiarci. Corro in moto per passione, ma la mia famiglia mi ha sempre spinto a fare anche altro".

"La laurea l'ho presa per portare avanti una cosa 'vera', per dimostrare alla mia famiglia che non ero stupido", ha aggiunto. "Mia madre non mi avrebbe mai permesso di fare solo il pilota. Volevo fare anche la specialistica, ma dopo che ho cominciato a correre nel mondiale, non avevo davvero più tempo".

Parole raramente pronunciate da chi vive nel paddock. "È un nuovo tipo di manovalanza", scherza Menghi. "Una volta i piloti guidavano anche il camion alle gare, ora le competizioni sono cambiate e devi stare più attento a tenerti allenato ed in forma. Conoscere il lato economico delle corse però è fondamentale. Dopo 20 anni, il nostro team è ancora qui. Siamo partiti con un furgoncino, per poi prenderlo più grande, per poi passare ad un bilico. Bisogna stare molto attenti, calcolare ogni passo. Io ho esordito in WSS a 24 anni (ne ha 28, nda), quindi ho meno esperienza di altri piloti più giovani di me, ma correre è una scelta, non un obbligo".

"Il problema di oggi è che molti piloti vogliono arrivare subito al mondiale", gli ha fatto eco Scassa. "Fare i campionati cosiddetti minori invece aiuta a farsi conoscere. Per arrivare alle massime categorie, oltre alla bravura, servono sempre sponsor. Servirebbe un'associazione piloti ma ognuno pensa al suo. Io sono dell'idea che più cose fai, più opportunità trovi. Però faccio anche il team manager perché mi piace, non perché devo. Nasce tutto dalla passione, senza quella non muovi gli affari".

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