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MotoGP, Sepang: il Bello, il Brutto e il Cattivo

La Malesia segna la superiotà delle Honda, Lorenzo constretto alla resa, Rossi delude

Il caldo malese, a volte, può farsi meno soffocante. Quando viene la sera, e l’aria arriva a dare sollievo. Forse l’hanno sentita anche Marquez e Pedrosa appena tagliato il traguardo. Il primo sempre più vicino a un titolo che sembrava impossibile appena qualche mese fa, il secondo dopo una vittoria che mancava da troppo tempo. Nessuno sconto per Lorenzo, guerriero a cui l’onere delle armi non basta. Meglio di Rossi, rimasto ancora una volta lontano dalla vera battaglia.

IL BELLO – Le Honda sono degli schiacciasassi capaci di sbriciolare ogni speranza degli avversari. Dani Pedrosa finalmente guida come vorrebbe (e dovrebbe) sempre fare, un risultato inutile per la classifica ma prezioso per le ultime tre gare. Per Marc Marquez ormai sono finiti gli aggettivi, come una spugna assorbe ogni lezione dai suoi rivali e ne moltiplica l’effetto. Il nuovo volto sfrontato della MotoGP, e se lo può permettere.

Valentino RossiIL BRUTTO – Sempre più veloce ma ancora troppo lento. La situazione passa da un paradosso che farebbe felice i sofisti. Come ai tempi dell’antica Grecia, Valentino Rossi è il mito del motociclismo moderno ma nuovi dei ne stanno attaccando l’Olimpo. Qualche arma ancora affilata per respingerli ce l’ha, deve solo ritrovarla.

IL CATTIVO – La Direzione Gara è scatenata, risvegliatasi dal torpore elargisce punti come coriandoli a carnevale. Niente in contrario, un avvertimento è sempre meglio di un provvedimento quando ormai è troppo tardi. Il metro di giudizio però non è ancora chiaro e il coraggio di dare una ‘vera’ punizione non l’ha ancora avuto. Applaudiamo le intenzioni, meno i risultati.

LA DELUSIONE – A Silverstone aveva vinto con un lupo disegnato sul casco. Ora Scott Redding assomiglia a un beagle. Vederlo guidare è sempre una gioia per gli occhi, ma al posto dei podi arrivano i piazzamenti. Aveva il Mondiale in tasca, ha scoperto che nel fondo c’è un buco.

Yonny HernandezLA SORPRESA – La Colombia non è solo più famosa per Marquez (Gabriel Garcia) e Shakira (per stare entro i crismi della legalità). Yonny Hernandez alla sua quarta gara con la Ducati finisce nella top ten, grazie anche a un po’ di fortuna tra ritiri e partenze anticipate. Non vincerà mai né un Nobel né un Grammy, ma qualche soddisfazione può togliersela comunque.

LA CONFERMA – Esteve Rabat, in arte Tito, è diventato, da cometa, stella. Finiti gli alti e bassi dell’inizio stagione, da tre gare preferisce i primi ai secondi. Di gioco si squadra non se ne parla, perché la matematica un porta aperta per l’alloro gliela lascia ancora. Un’eterna promessa finalmente mantenuta.

L’ERRORE – In gara è stato perfetto ma nel weekend Jorge Lorenzo e la sua squadra qualche defaillance la potevano evitare. Prima hanno scartato a priori il setup dei test invernali, poi il maiorchino si è lasciato prendere dal nervosismo nelle qualifiche. Solo qualche sbavatura, di pocho conto, ma che si pagano sempre un po’.

IL SORPASSO – Dopo le parole, i fatti. Jorge Lorenzo e Marc Marquez hanno regalato emozioni per qualche giro a ogni curva. Il maiorchino ha dimostrato di saper giocare con le stesse regole dell’avversario (spallate comprese), il catalano di non perdere la testa neanche sotto attacco. Speriamo che in Australia continuino fino all’ultimo giro.

LA CURIOSITA’ – Se non fossero capitati sul filo dei 300 all’ora potrebbero essere anche stati incidenti divertenti. Per una rottura del rubinetto del suo camel back, Danilo Petrucci ha fatto una doccia di integratori in gara. A scaldarlo ci ha pensato la marmitta, che gli ha abbrustolito un piede. È andata peggio a Damian Cudlin, identico incidente ma il suo scarico passa sotto la sella…

IO L’AVEVO DETTO – Questa volta le promesse sono state mantenute: “arriveranno cambiamenti importanti” garantivano in Ducati. Benvenuto Dall’Igna.


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