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MotoGP, Ducati, niente arrosto e fumo a rischio

Al Mugello non è arrivata la conferma dello sponsor. Necessarie nuove garanzie

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Molti hanno scritto che il Gran Premio di Germania è stato il momento più duro di questi ultimi, difficili, anni, per la Ducati. Pensando, probabilmente, al duello che la GP13 ha vinto per un incollatura contro la Art-Aprilia RSV-4 di Aleix Espargaro. Una Superbike, una moto derivata dalla serie, che impegna un prototipo fino sul filo di lana.

Non è vero.

Non è stato nulla quel 7° posto conquistato per un incollatura rispetto a quanto  incassato al Mugello. Si proprio il Gran Premio nel quale la Rossa ha piazzato in prima fila Andrea Dovizioso alle spalle di Pedrosa e Lorenzo.

Sul circuito toscano, infatti, la casa di Borgo Panigale si è sentita dire "aspettiamo" dal suo munifico sponsor, la Phillip Morris, il cui contratto scadrà alla fine del 2014.

Non è ancora un no definitivo, probabilmente mai lo diventerà, ma è un avvertimento piuttosto preciso. E contemporaneamente è un messaggio difficile da ignorare.

E' una frenata, infatti, a cui deve corrispondere una accelerata da parte della Ducati a cui è richiesta non tanto e solo una moto più competitiva di quella attuale - non le si chiede di vincere il mondiale, bensì di fare dei risultati dignitosi - ma anche un management più deciso, più accorto.

La partenza di Filippo Preziosi, infatti, non ha risolto nessuno dei problemi lasciati sul piatto da quella gestione, anzi.

Lo staff tecnico, che negli ultimi tre anni è stato incapace di evolvere la Desmosedici è identico, solo è diventato un corpo acefalo, senza un capo. Anche perché se questi è nominalmente Bernd Gobmeier, nella pratica il manager tedesco sta iniziando a capire solo ora come funziona la macchina che dovrebbe dirigere.

Questo stesso discorso vale per il nuovo capo della squadra sui campi di gara, Paolo Ciabatti. Catapultato nuovamente in Ducati dopo l'esperienza in Superbike con la Infront, Ciabatti è un buon politico. Sa gestire le relazioni, ma ormai a Bologna ci sono troppe correnti per riuscire a portare la barca in porto. Ci vuole qualcosa di più.

E' diciamocelo: l'equipaggio non è proprio dei migliori, i problemi sono tanti, troppi. A cominciare da quelli dei piloti. Con Andrea Dovizioso punto cardine sul quale far girare la squadra e a cui è riconosciuto carattere e palle d'acciaio (finora), non è stata riconfermata la fiducia a Nicky Hayden ("non siate tristi per me, va tutto bene", ha detto ieri Nicky), mentre nel contempo ci si trova a dover pelare la bruttissima gatta di Ben Spies.

E cosa dire del volenteroso Andrea Iannone? Il suo contratto è in scadenza, l'opzione è in mano alla Ducati, ma non sappiamo se augurargli che venga rinnovato o meno.

Con queste premesse cosa potrà fare Cal Crutchlow, la cui ufficializzazione è ormai questione solo di opportunità? La risposta è fin troppo facile: nulla.

Il britannico è un ottimo pilota, ma i miracoli accadono una sola volta e se l'ingaggio di Casey Stoner nel 2007 fu un vero colpo di fortuna (doveva arrivare Sete Gibernau al suo posto) è del tutto improbabile che si ripeta.

Inoltre quegli anni erano frutto di un'altra gestione, quella di Livio Suppo, di scelte coraggiose (il passaggio alla Bridgestone) ed anche di una situazione contingente del tutto diversa.

Così in questo momento la Ducati sta vivendo una situazione di Gattopardiana memoria: ha cambiato tutto per non cambiare niente. Ma non può durare.

Nei tempi antichi anche una repubblica solida come quella romana in caso di grande difficoltà si affidava ad un dittatore.

Il problema, oggi, per la Rossa è che non ce ne sono molti in giro.

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