Top e Flop 2012: Pirelli e Bridgestone

Questione di "scarpe" e spettacolo, i gommisti di SBK e MotoGP a confronto

Italia contro Giappone, sono le nazionalità dei gommisti dei due principali campionati velocità su due ruote: Pirelli per la Superbike, Bridgestone per le MotoGP. Il monogomma è lo standard ormai consolidato per il motorsport del XXI secolo e la strada scelta anche dai due campionati “rivali”. Le similitudini si fermano però qui, perché i due costruttori hanno interpretato il loro compito in due modi opposti. Nessuno è stato esente da critiche ma ai punti è sembrata essere vincente la strada presa da Pirelli, mentre Bridgestone ha risolto alcuni dei suoi problemi ma ne ha lasciati insoluti altri.

IL TOP: PIRELLI – L’azienda milanese ha deciso per degli pneumatici “imperfetti”, non nel senso che non siano sicuri o prestazionali ma che modifichino il loro comportamento nel corso della gara. Esattamente come in F.1. Le Pirelli si consumano, lo fanno in maniera graduale e obbligano i piloti ad adattarsi alle diverse prestazioni nell’arco di una gara. Fanno quello che tutti i motociclisti si aspettano, calano e incominciano a scivolare. Non sembrerebbe essere una gran notizia, ma lo è se confrontati con i “super” Bridgestone dei prototipi, che invece offrono lo stesso grip dal primo all’ultimo giro.

Non è una differenza da poco, gomme del genere inducono all’errore, hanno bisogno di strategia per essere sfruttate nel migliore dei modi, danno vantaggi come svantaggi. Il polso e la testa del pilota devono adattarsi, sapere quando forzare e quando controllare. In altre parole, sono parte integrante dello spettacolo in pista. Permettono rimonte e cali di ritmo che contribuiscono a rimescolare le carte, creare bagarre e fare felici gli spettatori. Un equilibrio non facile da raggiungere, soprattutto quando si devono calzare moto molto diverse fra loro, anche per numero di cilindri.

Pirelli porta gomme in gran quantità, nelle prime undici gare dell’anno i piloti hanno avuto a disposizione 13 pneumatici posteriori differenti, e punta ancora sulla copertura da tempo. Un'ulteriore incognita, che può avvantaggiare piloti meno rapidi sul passo ma forti nel giro secco, creando schieramenti di partenza che costringono alla rimonta i favoriti sulla lunga distanza. In piccolo (nel senso di distanza della gara) succede quello che accade in Formula 1 (con cui la SBK condivide la marca di gomme), le gomme sono un attore nell’equilibrio del campionato e della gara, avvantaggiando ora l’uno ora l’altro. Qualcuno però ogni tanto storce il naso, perché una particolare copertura sembra dare troppi vantaggi a questa o quello moto, ma alla fine dei conti i pro di questa filosofia sembrano superare i contro.

FLOP: BRIDGESTONE – L’anno scorso non si scaldavano e i piloti si ritrovavano nelle vie di fuga, in questa stagione la situazione è migliorata ma le gomme giapponesi non hanno perso la loro caratteristica fondamentale: quella di essere troppo perfette. Le Bridgestone fanno storia a sé, sono diverse da qualsiasi altro pneumatico, tanto da costringere i progettisti ad adattare le moto alle loro “scarpe” e non viceversa. Il loro limite è incredibile, come la loro durata. Non è raro vedere le prestazioni migliori di un pilota negli ultimi giri della gara, chiaro sintomo delle loro performance.

Unite all’elettronica sono sul tavolo degli imputati per la mancanza di spettacolo in MotoGP. Le gare dei prototipi si risolvono spesso in un lungo trenino, senza sorpassi e coi distacchi congelati fino alla fine. Nessuno sbaglia, il ritmo rimane costante e la noia trova terreno fertile per mettere radici. “Come facciamo a chiedere a Bridgestone di fare gomme peggiori?” ha sintetizzato più volte Valentino Rossi, che vede nel monogomma un limite allo spettacolo e anche i piani alti della Honda hanno proposto di tornare alla competizione fra gommisti.

Non è l’unico problema, comunque. A peggiorare la situazione, il fatto che spesso i piloti non abbiano neanche potuto scegliere fra le due mescole a disposizione. La dura anteriore è stata quasi sempre lo standard e anche al posteriore la soluzione era solo una. Nessuna strategia, tutti con lo stesso pneumatico al via e addio a qualsiasi incertezza, per non parlare di quanto è capitato ad Assen con Spies, Rossi e Barbera con le posteriori distrutte. Peggio è andata alle CRT, che non hanno avuto una gomma a loro dedicata (ma le cose cambieranno nel 2013) e non hanno potuto che fare buon viso a cattivo gioco. Le Pirelli sono meglio delle Bridgestone? Dal punto di vista delle prestazioni sono difficilmente confrontabili e lo ha spiegato bene Paolo Gozzi nel suo blog in occasione dei recenti test di Jerez. Dal punto di vista “politico”, invece, Italia batte Giappone. Perché i regolamenti non devono essere solo tecnici ma (soprattutto) politici, devono dare la forma voluta al campionato e anche la decisione di affidarsi a un solo gommista deve essere indirizzata in questo senso. SBK e Pirelli lo hanno fatto, MotoGP e Bridgestone no.

Un grazie per i suggerimenti a Emiliano Scalercio, Giacomo Tonezzer, Andrea Rossi, Mauro Polli e Giulia Rana. Continuate a dire la vostra su i Top e i Flop del 2012 sulla nostra pagina Facebook.


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