Simoncelli, un sorriso senza fine

Oggi Marco avrebbe festeggiato 25 anni, i suoi amici lo faranno per lui


Oggi Marco Simoncelli avrebbe dovuto festeggiare il suo 25° compleanno, un giorno in cui fare casino con i suoi amici come piaceva a lui. Il destino ha deciso di negargli questa possibilità, strappandolo al mondo in un caldo pomeriggio della primavera malese. La festa però ci sarà lo stesso questa sera e 6mila suoi amici si ritroveranno per ricordarlo come sarebbe piaciuto a lui, con musica e risate al 105 Stadium di Rimini.

Tante cose sono successe da quel 23 ottobre, in cui l’asfalto di Sepang si è preso il sorriso e le speranze di un ragazzo poco più di vent’anni che stava facendo quello che più gli piaceva, correre. Come tutte le domeniche aveva messo il casco sopra la sua criniera ed era salito in sella per realizzare il suo sogno, essere il migliore, volare tra i cordoli come un gabbiano sulle onde, vedere per primo quella bandiera a scacchi che trasforma gli uomini in campioni.

La stagione era iniziata tra le polemiche, con gli attacchi per la sua irruenza in pista, ma il Sic aveva fatto una delle cose più difficili, imparare dai propri errori. I risultati erano arrivati, il primo podio a Brno e ancora la piazza di onore a Phillip Island, solo una settimana prima. Marco aveva goduto di questi successi e come era nel suo carattere li aveva condivisi con tutti quelli che gli stavano accanto, la sua squadra, la sua famiglia, i suoi amici, i giornalisti. Stringergli la mano dopo che era sceso da podio, col sudore che si mischiava allo champagne nei suoi capelli, bastava per contagiarti di un’allegria rara e sincera.

In un mondo dove la parola professionismo sembra cancellare la passione e i numeri il cuore, la sua vitalità riportava alla luce il vero significato del motociclismo. L’amore per la sfida, il rischio risuonavano nella sua parlata schietta e verace, gli occhi risplendevano guardando il mondo e la vita con la curiosità di un bambino. Un bambino che in moto si trasformava in uomo, sicuro di sé, duro con gli avversari, determinato a dare sempre il massimo.

L’opposto del ragazzo cordiale che parlava coi giornalisti ai box appena finite le prove con ancora la tuta addosso, o a quello che passava le sere in interminabili partite a carte insieme agli amici, o ancora quello che non negava mai un autografo, una stretta di mano, una battuta ai suoi tifosi. Il ragazzo che si portava un pezzo di casa in ogni parte del mondo, con il padre Paolo e la fidanzata Kate al suo fianco, complici di un’avventura che sembrava non dovesse mai avere fine.

Non è bastata la morte a interrompere la sua corsa, il mondo prima l’ha pianto poi si è unito in suo nome. Una testimonianza di affetto che ha rotto quel silenzio d’inferno che ha avvolto il paddock di Sepang alle 16.56 della domenica che nessuno avrebbe mai voluto vivere. I motori hanno ricominciato a girare e più forte di prima, il loro rombo ha attraversato le nuvole, per portare il proprio saluto al campione.

Ora il sorriso di Marco risplende sopra il nome della Fondazione a lui dedicata, la sua avventura continua e potrà renderci ancora felici, come quando sfrecciava sui circuiti di tutto il mondo.

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