SBK: il paradiso di John Hopkins

Dopo anni difficili, 'Hopper' punta alla SBK (e alla MotoGP)


Con John Hopkins, la Superbike accoglierà quest'anno l'ennesimo ex-pilota MotoGP. Contrariamente ad altri casi, il ritorno di 'Hopper' nel campionato di derivate di serie non è un ripiego, ma il culmine di un processo di catarsi e rinascita, sia umana che agonistica. Pilota istintivo e spettacolare, ‘Hopper’ ha alternato lampi di velocità assoluta a cadute rovinose. Ad un'attenta osservazione, la sua parabola recente ricorda la Divina Commedia dantesca, tra discese nell'oscurità e risalite verso la luce.

INFERNO - Dopo sua migliore stagione in MotoGP (4º nel 2007 con Suzuki), l'americano passa alla Kawasaki. Che il vento stia cambiando è chiaro fin dai test invernali a Phillip Island: grave infortunio al femore e stagione di fatto compromessa. Poi il ritiro della Kawasaki dal motomondiale e l'esilio forzato in Superbike con la Honda Stiggy. Hopkins sembra però essere inviso anche agli Dei delle derivate di serie. Ad Assen si frattura il piede, ponendo fine anzitempo alla sua stagione. Chiuse anche le porte della Superbike, viene la volta della AMA. Ma l'ennesimo infortunio (al polso) lo tiene ai box per 4 gare e ne condiziona il rendimento.

In un classico esempio di vita che imita l'arte, le molteplici cadute in pista fiaccano lentamente la tempra dell’americano, facendolo precipitare nell'alcolismo. "A causa degli infortuni, a un tratto avevo smesso di divertirmi in sella a una moto – ha confessato – Il 2010 è stato un anno particolarmente duro. Dovevo ritrovare la capacità di usare il mio talento".

PURGATORIO - Hopkins riparte da questa semplice presa di coscienza, cominciando un lungo e faticoso lavoro di rigenerazione fisica e spirituale. Per imboccare la strada verso l'empireo del motociclismo, serviva un atto di espiazione. Il purgatorio personale di ‘Hopper’ passa attraverso il campionato minore della superbike inglese (BSB). "È stato un cammino difficile – ha detto – Ho dovuto investire su me stesso ed il team, anche a livello finanziario. Le corse però non sono mai state un problema. Ho sempre saputo di avere il talento necessario per essere competitivo. Ma ho dovuto superare i miei problemi personali per essere in grado di riassaporare le sensazioni di un tempo su una moto".

John Hopkins nel team Suzuki della BSBFortificato da una ritrovata vocazione e gioia di guidare, Hopkins lotta con umiltà e concentrazione e viene premiato con inviti in Superbike e MotoGP come wild-card. Il destino decide però di estendere e complicare la sua favola dolceamara. Nelle libere di Brno, 'Hopper' fa partita pari con Álvaro Bautista, più giovane e avvezzo alla Suzuki GSV-R, ma si infortuna l'anulare destro cadendo il sabato mattina. L'incidente impedisce all'americano di partecipare alla gara e dà inizio a un calvario di operazioni e riabilitazione che si concluderà solo con la recente amputazione del dito. "L'infortunio alla mano è stato una vera sfortuna – ha ammesso – Ha danneggiato il mio finale di campionato nella BSB, ma è stato comunque importante avere un'opportunità di dimostrare di essere ancora competitivo in MotoGP, dove molti piloti fanno fatica ad adattarsi".

Nonostante l'infortunio, Hopkins lotta per il titolo nella BSB. Arriva al round finale in testa al campionato, salvo poi vedersi sfuggire l'alloro in un ultimo giro da cineteca con Tommy Hill. I due si sorpassano ben 5 volte, ma Hill ha la meglio e si laurea campione.

A ennesima dimostrazione di una serenità inedita, ‘Hopper’ inquadra positivamente un anno che forse, per il suo alter ego, sarebbe stato da dimenticare. "Arrivare secondo è comunque sembrato una vittoria – ha detto – Ho mancato il primo posto di pochissimo, ma mi sento di aver comunque fatto bene al ritorno nelle competizioni. Vincere sarebbe stato la ciliegina sulla torta, ma è stato un anno fantastico a prescindere".

PARADISO - Più maturo ed esperto, Hopkins ha dimostrato di poter essere ancora competitivo in MotoGP. "Ho avuto contatti e proposte durante tutto il 2011 – ha dichiarato – Oltre alla Suzuki, ho parlato con Ducati e Honda, anche per rilevare posti a stagione in corso".

Ma, anche in questo caso, il fato non ha aiutato l'americano. "A fine anno, avevo un'opzione con la Honda LCR. Ho preso tempo perché la Suzuki mi aveva confermato ufficiosamente una sella per il 2012. È stata una delusione apprendere che si ritirassero dalla MotoGP".

I sacrifici di 'Hopper' hanno comunque dato i frutti. Nel 2012, John ripartirà in Suzuki, con un team e una moto familiare, per affrontare senza timori reverenziali i piloti di punta del mondiale Superbike. "Ho molte aspettative per la prossima stagione – ha detto – Non mi sono mai trovato così bene in sella. La Suzuki è come una seconda famiglia per me. Ho un bel rapporto con Paul Denning, gli ingegneri giapponesi e anche Leon Camier (futuro compagno di squadra, ndr), con cui ho corso a Silverstone l'anno scorso. Guiderò praticamente la stessa moto che avevo nel campionato inglese, con qualche aggiornamento all'elettronica e al motore. Voglio stare tra i primi fin dall'inizio del campionato".

Hopkins non si troverebbe comunque in paradiso senza la sua Beatrice. Oltre a coronare la sua rinascita sportiva, il 2011 lo ha visto ricongiungersi con la storica compagna Ashleigh. "Sono stati fatti dei danni durante la nostra relazione – ha ammesso – Dovevo correggere i miei sbagli. Lei è sempre stata al mio fianco, passando momenti difficili. Mi ha fatto da infermiera quando ero infortunato. Eravamo arrivati a un punto in cui non riuscivamo ad andare d'accordo. Ci siamo riavvicinati alla fine del 2011".

Dando esempio di maturità anche fuori dalla pista, Hopkins non spinge però sul gas quando si tratta della sua vita privata. "Non abbiamo fretta di sposarci – ha detto – Ma voglio che sia la madre dei miei figli".

Il ritorno al palcoscenico mondiale di John Hopkins ci riconsegna un personaggio vero e mai scontato, in tutta la sua umanità. Invece che una fine, il personale percorso tortuoso sembra aver portato il 28enne americano a un nuovo inizio. Ma Hopkins ha sempre lo sguardo proiettato in avanti, in uscita di curva, verso la classe regina. "Il mio obiettivo principale è il ritorno in MotoGP – ha confessato – Voglio una moto competitiva, che mi consenta di essere protagonista, e continuerò a lottare per questo".

A prescindere dall'esito dell'impresa, 'Hopper' ha comunque vinto la battaglia più importante, quella contro i propri demoni.

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