Addio Castiglioni, i tuoi sogni restano

Da Eddie Lawson a Hubert Auriol, il "signor Claudio" ci faceva sognare


Claudio Castiglioni se ne è andato. E' difficile spiegare per un vecchio giornalista cosa abbia rappresentato nel motociclismo agonistico.

Un capitano d'azienda, di quelli di una volta, grandissimo appassionato, entusiasta, dolce. Un amico.

Uno con cui abbiamo condiviso la passione per le corse, nei rispettivi ruoli, senza rispettare i ruoli. In pista, nel campionato del mondo di velocità, come sulle piste della Dakar, ti faceva dimenticare di essere lui quello che aveva portato a correre la Cagiva, rossa perché aveva già nella mente la MV Agusta.

E con la Cagiva aveva vinto, sull'asfalto e sullo sterrato. Perché "il signor Claudio" era un sognatore di quelli capaci di non fermarsi ai sogni, ma invece c'era in lui l'abilità di realizzarli perché sapeva trasmettere il suo entusiasmo agli altri, che così diventavano essi stessi parte della sua avventura.

Per questo non ci si stupiva delle sue telefonate all'alba, quando ti voleva comunicare che la sua Cagiva aveva fatto segnare un tempo record dall'altra parte del mondo. Anzi, si era orgogliosi che fosse proprio lui, Claudio, a dirtelo.

I comunicati stampa con lui non esistevano, come le celebrazioni patinate.

Piuttosto si partiva, con il preavviso di un'ora, tutti insieme, come quella volta che trascinò mezza stampa italiana a Parigi per festeggiare Hubert Auriol, che la Parigi-Dakar l'aveva persa, da vincente, facendosi male quando l'aveva ormai conquistata.

Ma il suo più grande traguardo, probabilmente, lo centrò nel 1991 quando convinse Eddie Lawson a correre per lui. A reinventare una moto, la Cagiva 500, che non aveva mai vinto. Una avventura ancora più grande di quella di Valentino Rossi con la Ducati, oggi.

Claudio si infilò nel motorhome di Lawson al Gran Premio di Francia, nel 1990. Parlava inglese male, ma fu il suo sorriso che convinse Eddie.

E quando poi "Awesome Lawson" lo conobbe meglio, se ne innamorò. Ripagandolo nel 1992 con quell'incredibile vittoria nel Gran Premio di Ungheria che fece piangere Castiglioni come un bambino. Perché piangeva, Claudio, dei suoi successi, facendo piangere tutti noi. Come ora.

Ti direbbe "Godspeed", Claudio, Steady Eddie. Noi non troviamo le parole.

 

 

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